L’ineffabile “Quori Cuadrati” di Alessandro Turati
Due libellule su uno sfondo bianco e al centro in stampatello verde smeraldo il titolo: Quori Cuadrati. La copertina del nuovo romanzo di Alessandro Turati per Neo. Editore colpisce l’attenzione e centra in pieno l’essenza del romanzo. La mente fatica quasi a processare quelle due parole dagli errori madornali e il lettore è spinto da un misto di repulsione e attrazione verso quell’errore.
Quori Cuadrati è “la vita mentale” di Uno Marković, di padre serbo e di madre italiana. Nelle avvertenze – come di consueto – l’autore ci informa. Del protagonista ci dice tutto e nulla. Ci dà quanto basta ma anche il superfluo. Ci porta in un ambiente incerto, indefinito proprio come il nome del nostro uomo, eppure a volte così preciso, totalmente meticoloso. Ci dice che la sua casa è alta due metri e settanta, i suoi capelli sono «tremendamente castani», le sue emozioni sono comuni nondimeno ci dice pure che Uno è «tanto semplice quanto ineffabile».
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Questo romanzo è proprio così: ineffabile. Sfugge a qualsiasi catalogazione. Inizi la lettura e fin da subito ti accorgi che non sai dove ti porterà, che potrà succedere di tutto. Allora senti il bisogno di dargli un’etichetta, di provare ad ancorarlo a qualcosa di noto e allora ti domandi: sto leggendo un romanzo psicologico? Sì, in parte, mi viene da rispondere. L’autore scava nella psiche di Uno, nei suoi errori, nelle sue debolezze, nella sua coscienza. È una storia d’amore? Ebbene sì. Uno soffre pene d’amore. Subisce l’abbandono da parte della donna che ama di un amore travolgente:
Nati sbagliati.
Solitari alle feste.
Pieni di voci sotto le docce. Consolati dall’alcol.
Stupidi e intelligenti.
Non velocissimi di pensiero. Innamorati di chi ci lascia. Cadiamo già caduti.
Ma è anche un viaggio di formazione? E già. Il protagonista evolve, fa esperienze nelle sue peregrinazioni dal Portogallo alla Grecia, nel suo incessante movimento che è un continuo disagio e profonda insoddisfazione.
Poi quando smetti di catalogare e ti lasci prendere dal flusso è allora che il romanzo acquista un altro sapore. È il gusto della poesia. Il piacere di immagini surreali che nascono da ogni dove. Sappiamo che Uno è un ragazzo di provincia e che vive sul lago. Forse è il lago di Como, ma che importa? I luoghi fisici lasciano spazio a quelli mentali e anche le stranezze trovano la giusta dimensione. In Quori Cuadrati c’è una giraffa di quattro metri che per nome ha lo pseudonimo di Emily Brontëe alla quale piacciono i treni. C’è un martedì in cui sbarcano gli alieni. E poi c’è una donna che si chiama proprio Easter che depone niente meno che un uovo e qui la giusta dimensione diventa metastravagante, una bizzarria nella bizzarria – passatemi il termine – un easter egg dal significato nascosto.
Inquietudine è un’altra parola che si cuce addosso a questo romanzo. Fin dalla nota dell’autore si respira un certo disagio che prelude alle sofferenze del protagonista. Immagini ripugnanti – un sidecar che travolge alcuni pedoni, gli uccelli «che si fiondano a beccare le cervella», la vecchia investita – si mischiano con lucida semplicità a ricordi malinconici – un motorino dal cui tubo di scarico esce il profumo dell’adolescenza – e tristi verità – «il mio handicap mi condanna meno di quanto il mio handicap condizioni gli altri» – restituendo un affresco della condizione del protagonista che può essere racchiusa in un’altra parola chiave: insoddisfazione.
Uno non sta bene da nessuna parte, naviga a vista, fa errori su errori e anziché viverla, la vita la subisce:
Approfitto del silenzio per pensare agli anni addietro, quasi tutti circondati dai mattoni di questo paese. Percepisco il passato come un sogno, come se non fosse successo davvero. Spero nella ripetizione di alcune situazioni per poterle rivivere con maggior lucidità, e finalmente goderle concrete.
Però poi in un altro momento della sua apatica esistenza rifugge da quella lucidità:
Apro una birra. La bevo e ne apro un’altra. Penso che si è sempre sobri quando si inizia a bere, quindi si prendono decisioni avventate anche da lucidi.
D’altro canto, bere è bello e la sobrietà è pericolosa poiché avida di dettagli: fa impazzire.
Il nonsense di Alessandro Turati in Quori Cuadrati rapisce e incanta poiché ricco di significato. La scrittura è ridotta all’osso. Le frasi sono brevi ma dense e poetiche. Ogni immagine è ricca di contenuti, dal coccodrillo che si decompone «come tutti dopo i trenta», al «beati gli orfani» del padre sull’orlo del supplizio, ai due mesi passati in un tubo.
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L’autore sviscera l’essenza profonda delle parole e la restituisce così, nel corso dell’intera narrazione, con piccole poesie di una bellezza dolorosa incredibile:
Mi lavo i denti.
L’acqua è gelida e mi cade la mano destra. Faccio la doccia e mi cade la mano sinistra. Mi vesto coi polsi.
Questo è l’inverno per me.
Per la prima foto, copyright: Jr Korpa su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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