L'importante è raggiungere la vetta. “Minuetto per chitarra” di Vitomil Zupan
Nato nel 1914 e morto nel 1987, Vitomil Zupan è una delle figure più versatili e originali della letteratura slovena. Esordì come pugile professionista, in seguito si arruolò in marina girando mezzo mondo, nel frattempo si prese pure il diploma di architetto e durante la Seconda guerra mondiale aderì al Fronte della Liberazione. Dopo la guerra, nel 1948, viene condannato a diciotto anni di lavori forzati ma viene rilasciato nel 1954, e da quel momento in poi si dedica solo alla scrittura.
Anche Minuetto per chitarra (e venticinque colpi) (pubblicato da Voland) è un'opera “irregolare”. In sintesi il protagonista, l'alter ego dell'autore, entra nella Resistenza non tanto per convinzione ideologica quanto per un moto di ribellione alla disumanità degli invasori. Sono gli anni della guerriglia slovena contro l'occupazione tedesca, la resistenza in montagna, di cui il motto “L'importante è raggiungere la vetta”. È una guerra combattuta con una quasi insuperabile disparità di forze umane e di armamenti in un Paese frammentato. Berk/Zupan accetta la dura disciplina, le terribili prove fisiche e psicologiche, perché considera la strada intrapresa l'unica in grado di far ristabilire condizioni umane di vita. Il ricordo di quella tragica esperienza viene risvegliato da un incontro casuale in Spagna, trent'anni dopo, con uno sconosciuto ufficiale della Wehrmacht. I due nemici di un tempo rievocano il conflitto armato, gli amori passeggeri, e riflettono sui grandi temi della vita come solo chi ha vissuto come loro sa fare. È un tentativo di riconciliazione con i ricordi e i dolori, e con le illusioni, perché «Non c'è nulla di più disgustoso che essere un rivoluzionario deluso». L'adattamento cinematografico del romanzo è stato un grande successo e il libro, imprescindibile letteratura cult in Slovenia, è stato tradotto in numerose lingue.
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Vitomil Zupan compone Minuetto per chitarra (e venticinque colpi) nel 1975 ricorrendo ad appunti, frammenti, lettere, e documenti di vario tipo. Con il suo approccio diaristico l'opera appartiene alla letteratura romanzata della memoria, una sorta di Comma 22, ma rappresenta una lodevole e interessante eccezione: i libri nati sulla Resistenza nei Paesi dell'Est negli anni precedenti la caduta del Muro sono racconti epici di perfetti eroi comunisti. Berk, il protagonista, è un uomo più coraggioso e anche più fortunato di molti altri, ma è fatto di carne e ossa, non è un idealista, è un eroe per caso che non offre il petto al cecchino ma vuole portare in salvo la pelle, e nelle sue giornate rimane spazio anche per la vita, non solo per la guerra di liberazione. Le descrizioni delle battaglie sono tante fotografie, hanno colori reali, e una spiccata fisicità: «Ci piove addosso di tutto, tanto che non posso scambiare una parola con Anton. Leon ha un fremito, come se – sorpreso – volesse guardare qualcosa in alto, si accascia, resta con il volto sul cespuglio innevato di mirtilli, a lato del bigliettaio che si tiene il petto. Devo andare là. Appena mi sposto, alle spalle tuona un'esplosione; guardo mentre ancora mi volano addosso detriti, un forte colpo mi percuote in mezzo alla schiena (penserò in seguito che doveva essere un sasso), vedo Anton che si preme il volto, l'uomo con il colbacco di pelli di ghiro si è schiacciato al suolo, sembra proprio piatto. Vili, rovesciato sulla schiena, con la faccia coperta di sangue guarda il cielo a occhi aperti. Anton è ancora vivo, l'uomo dal colbacco lancia una bomba, Vili si è fermato per sempre.»
L'alternarsi di crude cronache, di episodi stillanti sangue, di storie risalenti addirittura alla guerra civile spagnola, di amori solo fisici ed altri con tratti persino sentimentali, di lutti, perdite che accompagneranno per sempre il protagonista, rende il libro un coagulo di sensazioni contraddittorie, tutte vivide a tal punto che nessuna delle ben quattrocentonovanta pagine del testo risulta mai noiosa o monotona.
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Non posso esprimermi sulla traduzione di Patrizia Raveggi perché non conoscendo la lingua slovena non posso confrontarla con il testo originale. Tuttavia il risultato italiano fa supporre una scrittura affatto semplice che ha richiesto un impegno straordinario da parte della traduttrice. Gli apparati curati da lei, ovvero le note al testo e la postfazione, vengono in grande aiuto al lettore. La postfazione, dal titolo calzante L'importante è raggiungere la primavera, offre tutte gli strumenti necessari per potersi calare nel mondo di Zupan, la sua lettura è consigliata addirittura due volte: prima e dopo aver letto il libro. Prima, perché il lettore possa partire attrezzato e informato sufficientemente per orientarsi bene; e dopo per consolidare ciò che ha appreso e per sistemare le ultime pendenze. Perché non si ha a che fare con una lettura semplice e lineare: Zupan è un autore impegnativo ma imprescindibile.
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