L’arte di non avere niente. “Less is more” di Salvatore La Porta
La casa editrice ilSaggiatore pubblica quest'anno Less is more, il libro sull'arte di non avere niente che Salvatore La Porta ha non scritto, come sottolinea lui stesso nelle conclusioni. Per scrivere realmente un libro su questa grande arte l'autore avrebbe dovuto “tediare” il lettore con un, per fortuna, lungo elenco di esempi, dati e citazioni. Avrebbe dovuto raccontare di questa arte praticata «principalmente da chi non ha alcuna visibilità» e, sparso in tutte le parti del mondo, «spende quel poco che possiede per seguire le proprie idee».
Avrebbe certamente potuto La Porta scrivere un testo del genere. Se lo avesse fatto però si sarebbe trattato soltanto della «ennesima trappola». Il lettore avrebbe avuto l'illusione di non avere più nulla da imparare riguardo a quest’argomento. Avrebbe perso «la coscienza della propria ignoranza», presupposto fondamentale affinché ci si faccia «ammaliare dal demone della ricerca».
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Questo il motivo per cui l'autore non ha scritto il libro che avrebbe dovuto dando vita invece a un saggio che potrebbe essere definito esplorativo di un argomento per certi versi ancora troppo ostico per gran parte della collettività, convinta che la felicità vada inseguita nell'ultimo modello di smartphone o console per giochi, nell'autovettura più high tech si possa immagine o nella vacanza più glam che possa essere concepita. La Porta si chiede però il perché del fatto che più le persone accumulino beni, averi, proprietà, legami, posizioni, impegni e quant'altro e più siano infelici, insoddisfatti, inappagati e stressati. È evidente a tutti allora che c'è in questo meccanismo una perversione di fondo che ingenera malessere proprio laddove promette il tanto agognato benessere.
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Le persone continuano ad accumulare beni, averi e oggetti vari e ogni qual volta ultimano un acquisto vengono pervasi da una strana sensazione di vuoto, di incompletezza, come avessero dimenticato qualcosa, di comprare altro che, forse, li avrebbe fatti sentire più soddisfatti e così non si vede l'ora di ritornare al centro commerciale, che incarna alla perfezione questo meccanismo-mito del consumismo. Perciò nel tentativo di trovare finalmente quello che manca per terminare «il nostro ritratto», non ci rendiamo conto che, «come pittori inesperti che tornano continuamente su di un quadro, lo stiamo opprimendo di pennellate fino a renderlo inguardabile».
Solo che non si parla di un “semplice” ritratto bensì della nostra stessa identità, sempre più oppressa da tutto ciò che compriamo e accumuliamo. Al punto che in tanti, in troppi, arrivano a legare e far dipendere la propria autostima dal possedere o meno un determinato bene di consumo che può essere un paio di sneakers o uno smartphone.
Dalla mitologia greca ai poeti maledetti, dai miti della Letteratura americana alla cultura degli hippy, passando dal racconto di storie vere più o meno contemporanee Salvatore La Porta analizza l'arte di non avere niente, la ricerca e la rinuncia, i punti d'incontro e quelli di divergenza tra coloro che hanno coraggiosamente scelto di vivere fino in fondo il sogno della libertà: dai legami, dagli averi, dalle aspettative… ovvero dall'esoscheletro costruito, a strati sempre più spessi, e modellato su ogni persona dalla società, dai legami, dagli averi appunto. Da tutto quello che definisce e inquadra ogni persona nella società facendogli però, al contempo, dimenticare se stesso.
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Un saggio davvero interessante, Less is more di Salvatore La porta anche laddove qualche esempio addotto nel corso della narrazione è potuto sembrare quasi un azzardo al lettore. In realtà per comprendere appieno il senso del libro bisogna attendere di averlo letto per intero, compresa la conclusione che serve a chiarirne molti aspetti che sono potuti sembrare ambigui o confusi. Un libro scritto con un intento e uno scopo ben diverso da quello che il lettore ha immaginato leggendo capitolo dopo capitolo. Un fine più nobile di quello ipotizzato. Un saggio critico che vuol spronare chi legge insinuando dubbi legittimi che portano inevitabilmente a porsi degli interrogativi e stimolare la curiosità sempre positiva della conoscenza. Un libro che invita a «rimanere umani», a non piegarsi «alla schiavitù del possesso» che distrugge il nostro coraggio e «rende la nostra vita un'infelice menzogna».
Per la prima foto, copyright: Riccardo Annandale.
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