“L’amore quando c’era” di Chiara Gamberale
Libellule, la nuovissima collana letteraria di Mondadori, dedicata a romanzi brevi o a lunghi racconti di autori italiani o stranieri, affermati o esordienti, è da un mese in libreria con quattro autori: Andrea Camilleri, Chiara Gamberale, Raffaele La Capria e Arnaud Rykner. Fil rouge di questo nuovo progetto editoriale la leggerezza – Calvino avrebbe apprezzato molto – egregiamente rappresentata dalla libellula, che “vuol dire una controllata eleganza in una liberata energia”, spiega bene Raffaele La Capria.
L’amore quando c’era di Chiara Gamberale (pagg. 96, Mondadori) è un romanzo epistolare del secolo XXI: mail, sms e telefonate che l’autrice, ben nascosta tra le pagine, meticolosamente registra (data, ora e oggetto sono sempre riportati).
Tommaso e Amanda si sono amati tanto, forse troppo, sicuramente male. Dopo dodici anni barra dieci e mezzo di distanza si ritrovano, complice uno dei casi infelici della vita, e lentamente provano a ricucire quel filo reciso bruscamente, a raccontarsi le loro vite, come sono cambiate in tutti questi anni.
Tommaso, avvocato, sposato con Tiziana, due figli piccoli, Paolo e Serenella, una bella famiglia, apparentemente perfetta.
Amanda, professoressa di lettere in una scuola media, il sogno di pubblicare nel cassetto, sola, alla continua ricerca del segreto per vivere felici.
Entrambi, pur in modi completamente opposti, condividono un disagio, “un maledetto buco”, lo chiama Amanda. “È un guasto lieve del cuore, con cui forse addirittura si nasce. Come una specie di soffio. I miei alunni sono troppo giovani per tenerne conto. Qualcuno di loro magari già ce l’ha, lo incuba, ma ancora non se n’è accorto. Altri avranno la fortuna di non averlo. Però magari avranno il diabete, o la pelle che si arrossa facilmente”.
Eppure gli alunni, pur giovanissimi, avranno tanto da dire a Tommaso e Amanda. “Perché la vita ha un senso o perché non ce l’ha, secondo te?” Questa la traccia del compito d’italiano che Amanda propone ai suoi alunni. E i ragazzi, grazie alla loro “inesperienza”, regalano agli adulti risposte autentiche e semplici: “Per me il senso della vita è solo l’Amore” – scrive Lorenzo – l’amore è “l’unica cosa che davvero è meglio quando c’è” – gli fa eco Giuliano.
Ma l’amore, quando c’è, può fare molto male…
Solo dopo dodici anni barra dieci e mezzo di distanza, il rancore, la rabbia e la gelosia che hanno distrutto l’amore di Amanda e Tommaso, lasciano il posto ad “una specie di dolcezza profonda”. Niente più infingimenti per “Picco” e “Fumetto”, sinceri come non lo sono mai stati: “Mi sei mancato come può mancare una gamba, un occhio, il naso” – confessa Amanda – sicura che “avremmo rischiato di perderci solo rimanendo insieme” perché “si può diventare orrendi, a stare insieme. Nessuno rischia di farci esprimere la nostra bassezza e la nostra volgarità come chi può considerare il vederci nudi un’abitudine”.
Una riflessione profonda e disincantata sull’amore, o meglio, sull’incapacità di amare. Tommaso e Amanda sono capaci di amare solo nella nostalgia e nella speranza, “le nostre uniche garanzie di felicità”, e non sanno vivere le cose belle, se non a distanza di sicurezza.
“Persone come noi, persone incapaci di stare davvero bene mentre stanno bene, rendono perfetto solo quello che hanno già vissuto o che potranno vivere”. E forse per loro, e anche per molti di noi, niente è più adeguato del verso di Vincenzo Cardarelli: “Felicità, ti ho riconosciuta dal passo con cui ti allontanavi”.
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