L’amore che diventa ossessione. “Sylvia” di Leonard Michaels
Puntata n. 34 della rubrica La bellezza nascosta
«Avevo voluto troppo. Mi aveva dato troppo. Anni dopo, le dovevo ancora qualcosa. Non poteva essere valutato e neanche pienamente espresso. Un debito infinito di sentimento.»
L’amore è fatto di un materiale solido, ne sentiamo il peso, ne avvertiamo la consistenza, lo riusciamo a sentire nello stomaco, nel cuore quando i nostri battiti diventano furiosi; possiamo ascoltarlo nelle gambe che improvvisamente diventano molli, possiamo percepirlo nella gola e nella sua maniera di serrarsi; l’amore è sulla pelle, l’amore colora la pelle facendola diventare rossa, o rosata, o bianca, sì, anche bianca, bianca come la paura, perché l’amore è un andirivieni, è qualcosa che ha il potere di farci stare bene, di farci essere felici, ma al contempo, nel suo verso opposto, riesce quasi a distruggerci, sia a livello corporeo che psicologico; ed è addirittura possibile che la sua portata di sofferenza non possa mai essere pari alla sua portata di gioia.
Quando l’amore diventa una malattia, è come un virus difficile da debellare, s’insinua nella testa, infetta l’amigdala, l’ipotalamo, s’incunea in tutti i vasi sanguigni del nostro cervello, e ci fa conoscere e scoprire vari livelli di follia, perché l’amore malato si trasforma gradualmente in ossessione. Ossessione come immagine dell’altra persona, ossessione come pensiero fisso e costante che logora, consuma le ossa; ossessione e domande frenetiche; scosse elettriche, epicentri di terremoti interiori. L’amore che diventa ossessione è un’arma di autolesionismo che talvolta può essere letale, e quando riusciamo a capire che quell’arma ce la siamo volutamente putati alla testa prende forma dentro di noi la certezza che alcune forme di pazzia ci bruciano come fossero fuoco.
Leonard Michaels è nato a Manhattan il 2 gennaio 1933 ed è deceduto il 10 maggio 2003, Sylvia è stato pubblica in Italia da Adelphi, con la traduzione a cura di Vincenzo Vergiani.
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Questo romanzo è ispirato alla storia vera del suicidio della prima moglie di Leonard Michaels. Siamo negli anni Sessanta, Sylvia e Leonard si incontrano e s’innamorano nella maniera più scontata possibile. Ma con il tempo quella che inizia come una storia normale, prende la piega di un’ossessione amorosa. Mentre Leonard sogna di fare lo scrittore ma di fatto non ha ancora combinato nulla nella vita e Sylvia studia all’università, decidono di istaurare una convivenza in maniera molto frettolosa e da lì a poco, un turbine di ferocia e paranoia e dolore s’insinuerà nelle loro vite: lacrime, discussioni, insulti e violenza saranno per loro, la routine.
«Spesso le liti cominciavano senza preavviso. Io stavo dicendo qualcosa di banale e neutro, ma a un tratto ecco che Sylvia si irrigidiva, fissandomi. Buttava il telefono giù dal suo ripiano. Io smettevo di parlare, sobbalzavo, bruscamente richiamato all’attenzione. Lei gettava per terra la tazza e il piattino che prima erano accanto al telefono e che si frantumavano al suolo. Adesso urlava, mi accusava, e a mia volta le urlavo contro.»
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Leonard Michaels ci fa entrare in questo suo incubo privato, prendendo la sua storia d’amore e follia e facendola diventare di carta. Con una scrittura secca e precisa, ci narra la vicenda in maniera cruda, senza risparmiarci nulla, facendoci entrare nella stanza di un litigio, in una scena di sesso, facendoci immergere nella pazzia amorosa e nelle viscere del delirio. Tutto quello che ci mostra, ce lo fa arrivare senza filtri, rendendoci partecipi di un male assoluto, di un’ossessione pura e scarnificata da qualsiasi tipo di sentimento.
«Ero infelicemente normale, ero normalmente infelice. Qualunque cosa la gente pensasse di me, io potevo pensarla di loro. Potevo ostentare la mia vergogna sotto forma di disprezzo verso gli altri. Non c'è travestimento migliore per la vergogna del disprezzo, e niente è più facile che schernire e denigrare. Niente è più gratificante per la vanità altrui. Prendete due persone qualsiasi che chiacchierano: faranno commenti malevoli su una terza. È una forma perversa di generosità, e di auto adorazione.»
È, questa, una biografia fatta romanzo, uno spaccato di vita soffocante e deleterio e allucinante, che lo scrittore ha deciso di mettere su carta per provare, forse, a esorcizzare un fantasma. Un libro intenso, che non concede al lettore alcuna possibilità di distrazione.
«Non sapevano come stavano davvero le cose. Neanch’io lo sapevo, quando stringevo Sylvia tra le braccia e la insultavo e le dicevo che l’amavo. Non sapevo che eravamo perduti.»
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Fin dove ci può spingere l’amore? E, soprattutto, quand’è che l’amore perde la sua carica di elemento salvifico, diventando tutt’altro, divenendo un male oscuro che porta a essere invasati da un’ossessione che corrode? Cosa siamo disposti a perdere, e in che misura siamo capaci di lasciar andare qualcuno che amiamo? Sono solo alcune delle domande che diverranno vostro pensiero dopo la lettura di questo libro; ed è probabile che la risposta che potremmo essere in grado di darci, possa essere sbrigativa e superficiale; almeno fino a che non ci trovassimo davvero dentro una storia simile a questa e similare a tante altre, che sono iniziate con un idillio e sono finite con la morte.
Per la prima foto, copyright: Jari Hytönen.
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