L’amore capovolto a vent’anni. Intervista a Corrado Fortuna
L’amore capovolto (Rizzoli) s’intitola il nuovo romanzo di Corrado Fortuna, già noto al grande pubblico per la sua partecipazione in qualità di attore a film come My Name Is Tanino di Paolo Virzì, Baarìa di Giuseppe Tornatore, To Rome with Love di Woody Allen.
Al centro del libro due coppie di giovani innamorati: Marta e Giacomo, due ventenni negli anni Novanta, e Tino e Adele, ventenni all’epoca della Resistenza. Nel ben mezzo di una crisi di coppia Giacomo s’imbatte nelle lettere di Tino e Adele e da qui la sua delusione d’amore inizia a prendere una piega un po’ diversa.
Proprio di questo, così come del suo interesse per i ventenni e per la Resistenza, abbiamo con Corrado Fortuna nell’intervista che ci ha gentilmente concesso.
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Comincerei dal titolo. In genere siamo abituati a pensare al contrario dell’amore, spesso identificato con l’odio o l’indifferenza. Ma cos’è l’amore capovolto?
Quando Giacomo trova le lettere di Adele e Tino, scopre il loro amore: quello romantico sì, ma anche quello per la libertà, per la sperata e imminente democrazia, e se ne innamora, così come del loro spirito di sacrificio per liberare il paese. Anche loro hanno diciotto anni come lui, e come ci ha raccontato Calvino nella guerra partigiana c’è anche tanto senso d’avventura, c’è un che di picaresco; l’Italia è stata liberata da un pugno di ragazzi. Giacomo ha la sensazione di camminare su un pavimento di vetro, dove invece di vedere riflessa la sua delusione d’amore, vede le avventure di Tino e Adele. E questo amore capovolto è la chiave di volta della sua formazione.
Marta e Giacomo, una coppia sul finire degli anni Novanta. Tino e Adele, un’altra coppia ma in piena Resistenza. Da dove nasce la scelta di far dialogare due momenti storici che sembrano così distanti nel tempo, nonostante li separino poco più di cinquant’anni?
Dalla voglia di raccontare quell’età in cui si comincia a intravedere la persona adulta che si diventerà. E dal cercare di capire quanto e come si è diversi o uguali se il tempo e le condizioni sociali, ambientali e politiche cambiano in modo così drastico. Giacomo si trova spesso a riflettere sulla guerra in generale; da quella che vive lui attraverso i movimenti contro quella in Kosovo e in Iraq alla seconda guerra mondiale che studia sui libri di storia e leggendo le lettere di Tino e Adele. La storia delle guerre sembra essere senza tempo. E sempre Giacomo si chiede quale ne sia il senso, la necessità. La sua storia potrebbe essere ambientata anche ai nostri giorni, ho scelto gli anni ‘90 per avere la giusta distanza dagli eventi e anche perché sono stati gli anni in cui anche io avevo vent’anni.
Cosa possono dire queste due coppie ai ventenni di oggi sull’amore e sulla vita?
Che è l’amore l’unica via. Per le proprie idee, per la giustizia, per la libertà quella vera, per le persone. Solo così potranno avvicinarsi alla felicità.
I protagonisti dei suoi libri sono giovani adulti, al punto che mi sembra si possa dire che l’altra grande protagonista dei suoi libri è quell’età che segna il passaggio dalla giovinezza al mondo adulto. È solo una vicinanza anagrafica oppure c’è qualcosa che le interessa particolarmente in quest’età di passaggio?
Quello che dicevo prima: ritengo che a vent’anni si intraveda, si capisca e si scelga il genere di adulto che si diventerà. Mi piacciono gli imperfetti, i sbagliati, quelli che perdono le staffe e passano dalla parte del torto, mi piacciono gli esseri in divenire, quelli che non sanno bene interagire con il mondo, ma che bramano di imparare come si fa, che desiderano placare quel fuoco nel petto. “Quell’ovosodo che non va né in su né in giù” per citare Virzone.
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Lei approda alla scrittura dal cinema. Nel mondo dell’editoria ha dovuto fare i conti con qualche pregiudizio?
Qualche milione. Ma credo sia comprensibile, è lo stesso pregiudizio che ho io rispetto a tante cose, tante persone, qualche autore non “puro” come me. Quando sento quel pregiudizio nei confronti di altri e poi leggo i loro libri spesso mi dico di aver avuto ragione ad averlo, quel pregiudizio. Poi invece tante altre volte c’è la sorpresa. Ci vuole pazienza, e c’è bisogno di lavorare tanto e seriamente. E se i miei libri valgono qualcosa per davvero prima o poi se ne accorgeranno anche i più prevenuti come me.
Le confesso, in chiusura di intervista, di avere molto amato il prologo di L’amore capovolto. A questo punto mi permetto di chiederle di soddisfare una mia curiosità: ha cominciato scrivendo il prologo, oppure la sua redazione è successiva alla prima stesura del romanzo?
No, ma nemmeno è successiva alla prima stesura. Ho avuto a un certo punto della scrittura la visione di questo “visitatore immaginario” del quale non dico di più per non svelare troppo a coloro (quei pochissimi italiani) che ancora non hanno letto.
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Per la prima foto, copyright: Andrew Avdeev.
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