Il silenzio, l’amore e le favole. Intervista Davide Boosta Dileo
Ci sono volte in cui l’incontro con i libri è simile all’incontro con le persone. Il libro giusto al momento giusto. Esattamente come per le persone, è meraviglioso imbattersi in parole che resistono e persistono nella mente anche giorni dopo la lettura. Ed è quello che ha realizzato Boosta, Davide Dileo, il leader dei Subsonica. Ha scritto un libro che sembra conosca la chiave per decodificare il cuore. Vi entra e resta. C’era una volta il silenzio, uscito per Mondadori, ha la forza di essere il libro giusto al momento giusto, qualsiasi sia il momento.
Sono favole. Il silenzio, Tutto il niente del mondo, La strada, Come nacquero il giorno e la notte, Il volo e Il pescatore di storie sono solo alcuni dei venti titoli racchiusi nella raccolta che ha il sapore delle storie zen. Leggere e profonde al contempo. Sotto la semplicità delle favole si nasconde l’essenza dell’universo. Si cela l’amore. Non un sentimento sdolcinato o superficiale, si cela la goccia distillata di verità ultima che è il motore stesso del mondo.
Il libro è per gli innamorati, come specifica il sottotitolo, e, grazie a una squisita conversazione con Davide Boosta Dileo, abbiamo scoperto che il filo rosso dell’amore che si percepisce tra le pagine non è affatto casuale.
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Com’è nata l’idea di scrivere un libro? Ovvero, dove si incontrano il musicista e lo scrittore?
Mi considero un artista con la a minuscola e scritto in corsivo e fare il musicista nella vita mi sembra un privilegio. Ma quello che faccio, in ultima analisi, è raccontare storie. Che lo strumento sia un articolo, una canzone, un libro, è solo questione di strumenti, appunto.
Inoltre, la favola mi sembra il modo migliore per fare una bella incisione nella corazza che ci circonda e lasciarsi sorprendere dalla meraviglia data dall’aprirsi a un altro. E dire la verità. In ultimo, la favola permette di raccontare qualcosa spostandosi dal piano concreto a un piano senza tempo.
L’idea è nata quando ero lontano dalla persona che amo e, invece di dirci cose inutili per riempire gli spazi della mancanza, avevo pensato di raccontarle ogni sera una favola per raccontarmi. Volevo lasciarle qualcosa di più.
C’era una volta il silenzio… Un titolo ricco di significato. Mi viene in mente il fatto che una volta c’era stato il verbo, quindi il suono. Mi può dire qualcosa in più in merito al silenzio?
Senza silenzio non c’è il tempo per ascoltare, per pensare. Il silenzio è l’unico telo su cui si possa ricamare, è una palestra, è lo spazio in cui si può fare una cernita tra i pensieri utili e quelli inutili e gettare via quanto non ci serve più. Il silenzio è anche lo spazio del ricordo, della crescita.
Viviamo una vita frenetica, rumorosa, anche nella solitudine ci inseguono il telefono e i social media con i loro rumori. Per ritrovare il silenzio, bisogna trovarsi in mezzo al mare o in cima a una montagna e sperare che il cellulare non prenda.
Nella favola Tutto il niente del mondo scrive che le stanze erano «così grandi da sembrare universi in espansione». Detto altrimenti, fotografa un dettaglio di ciò che realmente siamo, ovvero questo immenso niente che inciampa in un minuscolo qualcosa…
Lo spazio e il silenzio si trovano in un rapporto di assonanza. È nello spazio che si muovono i pensieri. Le stesse relazioni necessitano di spazio perché in sua mancanza non possono crescere, espandersi, trasformarsi. Non si può vivere senza spazio o senza silenzio. Il momento dell’abbraccio è bellissimo ma sarebbe un incubo se ci si trovasse tutti schiacciati gli uni contro gli altri.
Il punto è questo: il mondo è in continua espansione e noi cerchiamo di rimpicciolirci al suo cospetto invece di adottare la prospettiva opposta ed espanderci assieme a lui.
Il coraggio è un dono… Cosa comporta averne e cosa comporta non averne?
Il suo paradigma è lungo, quindi tento una sintesi. Il coraggio è uno strumento forte e difficile da usare. È di certo un ottimo obiettivo, quando manca, ma è anche un paradosso, perché se non hai coraggio devi averlo per raggiungerlo.
Nella sua essenza, poi, che cosa vuol dire? Essere onesti con se stessi e con gli atri? Accettare ciò che si è?
Come vede, il coraggio credo che sia tutto e il contrario di tutto. E, fondamentalmente, come dicevo nella favola che cita, sì, è un dono.
Dice un giorno un granello di polline in risposta a una preoccupata foglia: «il vento è solo una strada. E alla fine di ogni strada c’è sempre un posto in cui posarsi. Quella strada è la mia casa…»
Io ho sempre bisogno di una strada. Per oppormici, per proseguire. È ciò che dà un senso a quello che facciamo perché non siamo fatti per stare fermi. La vita stessa percorre una strada: si nasce, si cresce, si muore. L’universo è movimento.
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Ci sono molti passi che ho trovato non soltanto poetici, ma anche intensi da un punto di vista concettuale, uno di questi è quello legato al futuro. C’è una goccia di futuro contesa dai sogni e dalle idee, eppure essa scivola via lungo una rampa verso l’esistenza e diventa irraggiungibile per entrambe le fazioni. Che cos’è il futuro per lei?
Per me è molto difficile stare nel presente. Il futuro mi piace moltissimo, lo trovo la benzina del presente. Cioè, oggi è la base di domani anche se, in ultima analisi, non sappiamo nulla di quel domani. Ma è anche è un tempo difficile da maneggiare, affilato, e a vivere nella prospettiva del futuro si rischia di non vivere il presente.
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Per la prima foto, copyright: Priscilla Du Preez on Unsplash.
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