“Il ritratto”, Ilaria Bernardini e la sua versione di un triangolo amoroso
Candidato al Premio Strega tra i libri proposti dagli Amici della Domenica, Il ritratto (Mondadori, 2020) di Ilaria Bernardini è stato scritto prima in inglese e poi tradotto in italiano dalla stessa autrice, che vive da tempo a Londra e ha pubblicato romanzi, racconti e sceneggiature per la tv (qui trovate la recensione di Francesca Turco).
Valeria Costas è una famosa scrittrice cinquantacinquenne che, dopo una giovinezza errabonda e dolorosa al seguito di una madre inquieta, vive da sola a Parigi. Non si è mai fatta una famiglia, ma da più di vent’anni intrattiene una relazione segreta con Martín Aclà, un ricco imprenditore che risiede invece a Londra con la moglie e tre figli, incontrandolo dove capita nel corso dei rispettivi e frequenti impegni in giro per il mondo.
Il giorno in cui Martín viene colpito da un grave ictus ed entra in coma, Valeria si rende conto che non può rimanere così lontana senza sapere nulla di lui. Alla ricerca di un modo qualsiasi per avvicinarlo, decide di chiedere alla moglie di Martín, la famosa pittrice Isla Lawndale, di farle un ritratto da usare per la quarta di copertina del suo nuovo libro, al posto della vecchia foto che la casa editrice utilizza da tanto tempo.
Valeria riesce così a entrare nella grande casa degli Aclà a Londra, dove Isla ha il suo studio e dove Martín giace in un letto, attaccato ai macchinari che lo mantengono artificialmente in vita in attesa di un miglioramento che non sembra arrivare.
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Le lunghe sedute per realizzare il ritratto offrono dunque alle due donne l’occasione per familiarizzare, intrecciando dialoghi in cui il non detto è spesso molto più significativo dell’esplicito: Isla conosce Valeria di fama e ha in casa i suoi libri, letti con molto interesse dalla giovane figlia Antonia, ma quanto sa realmente di lei? Valeria è davvero così sicura che nessuno della cerchia di amici e parenti di Martin sia mai stato al corrente della sua lunga relazione con lei?
Accomunate dall’amore per lo stesso uomo, ma diverse in quasi tutto il resto, Valeria e Isla ci raccontano modi differenti di affrontare il dolore e di superarlo, nonostante il peso ingombrante dei tanti segreti e delle bugie che ciascuna delle due deve portare con sé.
Ilaria Bernardini ha risposto da Londra a qualche domanda sul suo romanzo.
Leggendo questa storia insolita e complessa, la prima domanda che mi viene in mente è: da dove ha cominciato? Cosa le ha dato lo spunto iniziale?
In parte dalla vita vera. Dei conoscenti mi hanno raccontato la storia di un uomo che stava morendo con una ragazza comparsa alla porta dichiarandosi figlia o amante, ho avuto amiche che hanno scoperto improvvisamente di avere sorelle mai conosciute… Una sera poi, mi trovavo a casa di un’attrice che chiacchierando mi ha chiesto un testo teatrale per lei e per un’altra attrice che era lì con noi. Ho iniziato a pensare a una storia fra due donne cinquantenni, alle prese con i problemi dell’età, della perdita della bellezza. Poi è arrivata Londra, che frequentavo in quegli anni, ho pensato alla casa dove ambientare la storia e tutte queste cose si sono mescolate tra loro.
Quindi è nato come un testo teatrale?
All’inizio avevo, in realtà, una visione cinematografica della storia, perché avevo appena finito di scrivere la serie In Treatment dove c’è qualcuno che una volta alla settimana si siede davanti allo psicologo, per cui immaginavo le due donne sedute una di fronte all’altra, i loro dialoghi e i momenti di approfondimento. Il romanzo del resto è già stato acquistato per farne una serie televisiva, anche se io non farò la sceneggiatura perché sono stata già abbastanza dentro questa storia. Al momento sto scrivendo una sceneggiatura tratta da un altro mio libro precedente, Corpo libero.
Passato e presente s’intrecciano in continuazione da una pagina all’altra del libro, raccontandoci, oltre al confronto tra Valeria e Isla, i momenti salienti delle loro vite precedenti. Ha scritto tutta la storia nell’ordine in cui poi è stata pubblicata oppure ha seguito tracce diverse per non rischiare di “perdersi” nel gioco dei rimandi?
L’ho scritto seguendo abbastanza l’ordine cronologico in sequenza, ma la prima stesura era di settecento pagine e ci ho lavorato sopra per anni: le storie inserite per raccontare il passato erano meno di adesso e ne ho aggiunte col tempo.
Valeria è una donna matura e di successo, eppure appare ancora troppo influenzata dai momenti tragici della sua storia passata. È così difficile superare i dolori patiti nell’infanzia?
Credo di sì. Valeria vive nella sua solitudine per continuare ad amare e celebrare le figure importanti del suo passato, ed è un’amante soprattutto perché è l’unica distanza che le permette di amare qualcuno e di farsi amare, perché non tollera intrusioni. Tutti noi in fondo torniamo continuamente all’indietro su ciò che ci è accaduto, anche se non sempre lo facciamo con dolore come accade a Valeria.
Martín Aclà è al centro della storia perché è il punto di collegamento tra le due protagoniste femminili, ma non possiamo ascoltare la sua voce né conoscere il suo punto di vista. Escluderlo completamente è stata una scelta voluta oppure un’evoluzione inevitabile della trama?
Martín è presente nella sua assenza, che si fa sentire per tutto il tempo perché il suo silenzio, il non poter interagire e rispondere per esempio alle domande di Valeria, funziona come generatore dei pensieri delle due donne che gravitano intorno a lui.
Incuriosisce il fatto che lei abbia scritto questo romanzo prima in inglese e poi ne abbia fatto una versione in italiano. Come mai ha fatto questa scelta?
In qualche maniera questa storia è nata in inglese, parlando con le mie amiche inglesi e decidendo di ambientarla a Londra. All’inizio ho provato a scriverla in italiano ma mi sembrava una traduzione al contrario, per cui ho deciso di passare direttamente all’inglese. Di solito non faccio mai leggere a nessuno quello che sto scrivendo, ma in questo caso passavo una cinquantina di pagine alla volta ad amici che dovevano controllare che non mi perdessi troppo nella lingua. Poi l’ho praticamente riscritto in italiano, alla fine non è stata propriamente una traduzione ma una ricerca di nuove formule passando da una lingua all’altra. Mi è servito a capire le difficoltà del mestiere di traduttore.
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In che lingua scriverà, o sta magari già scrivendo, il suo prossimo libro?
Ho un grande dubbio. Questo potrebbe essere il primo volume di una trilogia, in cui dedicherei il secondo volume ad Antonia e il terzo a Martín, e in questo caso i seguiti continuerei a scriverli in inglese. Se invece decidessi di iniziare un’altra storia che ho in mente in questo momento potrei farlo in italiano. Forse avrei bisogno di scrivere di più per la televisione e allontanarmi per un po’ dai personaggi di questo romanzo, con cui ho convissuto per troppo tempo, ma al tempo stesso non mi va di abbandonarli del tutto perché ormai mi ci sono affezionata, per cui in futuro potrei davvero completare una trilogia.
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Per la prima foto, copyright: Kreated Media su Unsplash.
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