Il racconto solare di un inverno. “Storie della mia città” di Sarah Ladipo Manyika
Frassinelli ha da poco mandato alle stampe Storie della mia città, il romanzo breve della scrittrice afro-americana Sarah Ladipo Manyika (traduzione di Annarita Briganti).
La protagonista principale, quella da cui si dipartono le vicende raccontate nel libro, si chiama Morayo Da Silva, una bellissima donna nigeriana di settantacinque anni che si è trasferita negli Stati Uniti a insegnare letteratura all’università. È stata sposata con un ambasciatore nigeriano, Caesar, che lei ha lasciato dopo aver scoperto che era unito in matrimonio contemporaneamente con un’altra donna. Molto spesso Morayo si perde nei ricordi a pensare ad Antonio, l’ambasciatore brasiliano, il suo amante che sapeva con tenerezza timida come toccarla, come farla sentire un’amante unica tra le sue braccia. Ha poi una Porsche che vezzeggia chiamandola Ranuncolo e che, a causa della perdita progressiva della vista, parcheggia sempre molto distante dal marciapiede, con il terrore poi di non poter passare il prossimo esame alla Motorizzazione Civile. Morayo vive a San Francisco, una città «con il sole brillante del mattino e un cielo blu, luminoso»:
«Amo il modo in cui la nebbia mi avvolge, nella parte finale della giornata, coprendo la foresta Sutro, nascondendo la mia parte della città con una nebbia bianca e soffice. Ma è la gente di San Francisco, molto spesso eccentrica ma sempre amichevole, che mi fa sentire a casa.»
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Morayo è una donna sensuale e solare che ama ancora vestirsi con accuratezza e con colori sgargianti che attirino magari l’attenzione degli uomini, mentre la sua casa è piena zeppa di vecchi articoli di giornale e di libri, tantissimi libri (molti anche in cattivo stato) che hanno tra loro un dialogo fitto:
«Ora i libri sono organizzati in base a quali personaggi credo che potrebbero parlare con gli altri. Per questo Cuore di tenebra è vicino a Le Regard du Roi, e Il grande mare dei Sargassi si trova proprio sopra Jane Eyre. Questi ultimi erano l’uno accanto all’altro ma ho pensato che fosse meglio riequilibrare il vecchio squilibro coloniale e dare a Rhys il sopravvento, sullo scaffale superiore».
Mentre è appoggiata al bordo della vasca per vedere allo specchio il suo fondoschiena su cui ha intenzione di farsi fare un tatuaggio, così da festeggiare con una novità eccitante la sua festa di compleanno, perde l’equilibrio e viene ricoverata in una casa di riposo, “La Vita Buona”, per essere operata all’anca. Come scrive Ladipo Manyika «c’è sempre l’inatteso, quegli eventi non pianificati, che ti fregano, alla fine». Per Morayo è l’occasione di dover dipendere dalle attenzioni di qualcun altro, mentre là dentro è obbligata a fare la riabilitazione. Così si affida alla vicina indiana Sunshine che insieme all’uomo di fatica Francisco vanno a mettere in ordine un po’ la casa dell’infortunata. Ma l’uomo esagera e butta parecchi dei vecchi libri malmessi dell’insegnante, causando un piccolo trauma all’anziana signora quando rientrerà in casa. A prendere i libri dal cassetto della spazzatura è la giovane senzatetto della zona che poi li distribuisce agli amici che amano leggere, come aveva già fatto con le cose che lei già possedeva:
«È così bello dare via le cose. Dare! Ho imparato così tanto sul semplice gesto di dare. Dare ti dà una sensazione bellissima. Comprare a qualcuno un caffè o pagargli il pedaggio o se qualcuno facesse questo per me, sapete. Essere cortesi è M-E-R-A-V-I-G-L-I-O-S-O.»
Le vicende di Morayo acquistano anche una vena grottesca, come quando va a cena alla sala ristorante della casa di riposo senza il deambulatore e mentre cerca di mimare dei passi di danza sulle note di un cellulare che riproduce una canzone di Elvis, viene travolta da un esercito di infermieri preoccupati che possa cadere. Durante la serata l’anziana signora ha poi modo di socializzare con Reggie, un uomo di colore che viene in quell’ambiente per prendersi cura della sua moglie Pearl che è affetta da Alzheimer.
Sullo sfondo di queste vicende emerge la situazione politica in Nigeria, il paese natale di Ladipo Manyika, oramai caratterizzata dagli scontri continui tra cristiani e musulmani, intensificati con l’arrivo dei fondamentalisti islamici di Boko Haram. Una volta Jos, la città d’origine della protagonista, era una meravigliosa comunità caratterizzata dalla solidarietà e dalla cooperazione. Una mattinata, a San Francisco, Morayo lesse le atrocità commesse dai terroristi che bruciavano perfino gli alberi dove erano andati a rifugiarsi le persone terrorizzate da quella violenza insensata.
Il libro della Ladipo Manyika parla di corpi, di corpi che invecchiano, che si trasformano, che hanno una pigmentazione diversa (la stessa protagonista e Reggie e lo chef Toussaint) rispetto alla cultura bianca che ha sempre il suo atteggiamento razzista. Non è un caso che Morayo porti con sé Diario d’inverno, il libro di Paul Austerche descrive proprio la trasformazione e l’invecchiamento del corpo. Come dice la signora:
«La vecchiaia è un massacro. Nessuno spazio per i fifoni. Nessuno spazio per le canzoni d’amore. Nessuno spazio per i sogni.»
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Ma la tristezza se ne può andare all’improvviso quando alla fine della riabilitazione Morayo può farsi un altro giro per la città insieme alla sua Porsche, a Ranuncolo, incontrando le persone che possono farla stare bene. Tutto questo Ladipo Manyika ce lo racconta dando voce al mosaico dei diversi personaggi che affollano la storia, con un’efficace padronanza della scrittura che non scade mai nella banalità, ma anzi acquista dalla “leggerezza” un carburante efficace per parlare di temi molto importanti: la vecchiaia, la solitudine, la questione razziale. Ma soprattutto la solidarietà tra le persone.
Per la prima foto, copyright: Clarke Sanders su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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