Il mistero della Bibbia perduta
Edito da Baldini+Castoldi, nella traduzione di Maura Barindi, La Bibbia perduta di Igor Bergler appare come la risposta romena a Il Codice Da Vinci di Dan Brown. Siamo davanti a un thriller dai toni horror, pensato per impressionare attraverso immagini particolarmente forti che scorrono davanti agli occhi del lettore con la stessa rapidità delle sequenze di un film. Il lettore non si spaventi per via delle troppe pagine e delle cinque sezioni del libro, la lettura è molto scorrevole e immediata.
Simboli, omicidi efferati, indagini, panorami affascinanti, tra cui quello suggestivo del cuore della Romania, storia vera e storia inventata, e Dracula sono gli ingredienti del romanzo di Bergler utilizzati come i pezzi di un puzzle o, meglio ancora, come il condimento di un piatto consistente di azioni e di mistero.
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Nella sua essenza la storia si muove intorno a un libro, il primo libro stampato nella storia dell’umanità. La Bibbia di Gutenberg. O il libro delle quarantadue righe, così chiamato per via delle righe su ciascuna colonna. Una stampa richiesta e pagata da Vlad Tepes, meglio noto come il conte Dracula, nel lontano 1500. Parliamo del voivoda, del personaggio realmente esistito, che richiede vengano annotate informazioni importanti in questo primo documento che segna l’inizio della storia della carta stampata. Perché Dracula ha queste richieste? Perché affida alla Bibbia perduta i messaggi dedicati ai membri di una certa organizzazione segreta. Infatti, è un libro misterioso, controverso, che qualcuno vorrebbe pubblicare nella sua forma iniziale, altri invece lo vogliono nascondere, mentre qualcun’altro lo vuol rendere pubblico solo parzialmente.
L’azione si fonda su determinati intrighi e segreti sciolti per merito di eventi mozzafiato o di rovesciamenti di situazioni o di verità celate dallo stesso Dracula nella Bibbia di Gutenberg, nella Bibbia perduta, eventi narrati in una struttura vorace, come fotogrammi, in capitoli brevi e incisivi.
Tutto ha inizio a Sighisoara, la città natale di Vlad Tepes, durante una conferenza presieduta da Charles Baker, un professore e ricercatore americano, in Romania appunto, in occasione di questo evento mondano viene portato via dalla polizia romena perché sulla scena di un triplice crimine è stato ritrovato il suo biglietto da visita. Si teme per la sua sicurezza, anche perché sembra che altri crimini siano collegati al suo nome. Ci si muoverà così non solo sul piano temporale, della Storia, ma anche su quello geografico, a partire da Sighisoara fino a raggiungere Londra, Washington e Bologna.
La polizia romena e Christa, la rappresentante dell’Interpol che affiancherà il ricercatore, non hanno tutti i torti, una connessione esiste: Baker, in virtù dei suoi studi, è un iniziato, in una certa misura, per cui di fronte al terribile crimine i suoi occhi colgono dettagli che restano velati ai neofiti e ai profani. Tant’è che nella totale costellazione di cadaveri si celano messaggi intelligibili solo agli iniziati e decifrabili solo dopo aver sciolto un codice nascosto. Nel seguire gli indizi assieme a Baker e Christa che tentano di scoprire il responsabile dei crimini, il lettore è condotto attraverso una serie di assaggi storici a partire dall’organizzazione sociale nel Medioevo, ma anche all’ingresso di Vlad Tepes nell’ordine del Dragone e fino alla stanza di Riccardo III. Non mancano brevi cenni alle ingiustizie inflitte dalla Chiesa lungo i secoli.
La suspence è alta ed è mantenuta tale grazie a un’ombra che alleggia sopra i personaggi, un’ombra che sembra non appartenere a nessuno. In questo senso, già dal prologo la scena è densa. Un personaggio muore per mano di quest’ombra e la tensione è così intensa che si ha la sensazione di essere in quello stesso posto buio e odorante di morte del personaggio in questione.
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Baker, dal canto suo, è un tipo a tratti difficile da collocare: si concede vizi costosi celebrando piccoli successi, butta i dollari a destra e a manca per ottenere ciò che gli interessa, ma funziona molto bene nell’economia della narrazione conferendo a La Bibbia perduta momenti di leggerezza.
Per la prima foto, copyright: Kiwihug.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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