Il libro di cucina di Andy Warhol
Cosa c’entra Andy Warhol con un libro di cucina? No, non sorprendetevi perché, come vedrete, c’entra più di quello che potrebbe sembrare. Ve lo raccontiamo così.
Nell’estate del 1959, la leggendaria decoratrice d’interni Suzie Frankfurt si è imbattuta nelle opere di un giovane artista durante una delle mostre occasionalmente organizzate presso una gelateria di Manhattan. Non conosceva quelle opere ma fu immediatamente catturata dagli stravaganti acquerelli di fiori e farfalle. L’artista in questione era Andy Warhol, che all’epoca lavorava come art director alle illustrazioni di alcuni libri per bambini.
Intrigata da quei lavori, Frankfurt ottenne un appuntamento per incontrare il giovane Warhol nell’appartamento che condivideva con sua madre, Julia Warhola.
Così la Frankfurt racconta l’incontro:
Non lo dimenticherò mai. Andy mi salutò come se ci conoscessimo da anni. Era particolarmente affascinato dal fatto che fossi cresciuta a Malibu e fossi stata vicina di casa di Myrna Loy. Amava anche il fatto che collezionassi gioielli antichi. Sentivo che eravamo diventati migliori amici in un attimo. Ci demmo appuntamento per pranzo il giorno dopo, e tutto cominciò da lì.
Divennero presto amici, ma la relazione si solidificò davvero quando, un giorno, Warhol andò a casa di Frankfurt per cena e le portò una rosa in argento dorato di Tiffany, e lei subito la posò in una bottiglia di CocaCola che riempì d’acqua. Warhol restò affascinato da quest’azione.
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Entro l’autunno seguente, decisero di collaborare a una serie di libri fatti a mano che imitavano i libri di cucina popolari in Francia negli anni Cinquanta.
Frankfurt scrisse alcune ricette, Warhol le illustrò e sua madre le trascrisse. Dal momento che tutti i libri dovevano essere colorati a mano, assunsero quattro ragazzi che vivevano al piano di sopra con l’incarico di colorarli. Il processo fu così scrupoloso che poterono produrre solo 34 libri a colori.
Il risultato fu a dir poco entusiasmante. Ma la delusione era dietro l’angolo perché il sogno che i librai di New York li inondassero di ordini non si materializzò, anzi furono costretti loro stessi a lasciare qualche copia a Rizzoli e Doubleday e a regalare le altre agli amici per Natale.
Così Wild Raspeberries, questo era il titolo, è rimasto chiuso in qualche cassetto per più di quarant’anni, fino a quando il figlio di Frankfurt, Jaime, non ha scoperto questo tesoro culturale e ha deciso di pubblicarlo nel 1997.
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Quello che forse è degno di nota in questo libro di cucina è il fatto che si tratti di un laboratorio attraverso il quale Warhol ha perfezionato il processo che avrebbe successivamente instillato nel cuore della Factory: lui disegnò le immagini, un gruppo di assistenti le colorò, Frankfurt scrisse le ricette e la madre di Warhol le trascrisse a mano, quasi un modello di produzione industriale in cui Warhol dirigeva un’orchestra di collaboratori.
Le ricette, poi, hanno molto poco di culinario e tanto di artistico, sono più vicine all’espressionismo che al realismo. Lo stesso figlio di Frankfurt infatti dice:
Chiaramente le ricette non aiuteranno a cucinare ma sono indicative di tutto il lavoro di Andy: sono immediate… Wild Raspberries, come tutto quello che ha fatto Warhol, ha a che vedere con il prodotto finito, non con il processo.
Insomma di questo libro di cucina di Andy Warhol non possiamo che goderci la bellezza, non la bontà dei piatti.
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