"Il gusto di uccidere", guerra tra chef nella Stoccolma di Hanna Lindberg
Hanna Lindberg è venuta in Italia a presentare Il gusto di uccidere (Longanesi, 2019 – traduzione di Renato Zatti), che costituisce il seguito del suo brillante esordio Stochkolm Confidential (Tea, 2018 – traduzione di Renato Zatti). Protagonista è infatti ancora Solveig Berg, la giornalista che avevamo conosciuto nel romanzo precedente, la quale riesce a intrufolarsi nel celebre ristorante Stockholm Grotesque quando tra le pareti del locale è prevista la serata di gala per l'assegnazione del Cuoco d'Oro, l'ambito riconoscimento che ogni anno premia il miglior chef svedese. Sarà Vanja Stridh, giornalista che ha assunto Solveig alle sue dipendenze, a premiare il vincitore, ma proprio nel momento della proclamazione le luci del locale si spengono e nel buio risuona un colpo di pistola: al ritorno della luce, Vanja giace moribonda sul palco.
Era destinato proprio a lei quel colpo di pistola? Solveig è spinta a investigare su ciò che Vanja è riuscita a mormorarle prima di perdere i sensi, ma le indagini avviate dalla polizia sembrano andare in una direzione del tutto diversa, così che ai poliziotti, soprattutto alla sua ex amica Fatima che deve occuparsi del caso insieme al suo superiore, le interferenze di Solveig danno molto fastidio.La giornalista continuerà comuque a investigare caparbiamente nel mondo dell'alta cucina alla ricerca della verità.
Hanna Lindberg ha incontrato i blogger a Milano nel corso di una colazione organizzata dalla casa editrice.
Questa è la seconda indagine del suo personaggio. Quando ha scritto il primo romanzo pensava già di farne un personaggio seriale oppure l'idea è nata dopo?
No, quando ho iniziato non avevo assolutamente quest'idea. Avevo solo una visione molto chiara di come sarebbe stato Stochkolm Confidential, il romanzo che volevo scrivere. Sono stata travolta dall'accoglienza ricevuta dal libro e felice della risposta dei lettori, per cui ho avuto voglia di scrivere di più. I personaggi stessi sembravano chiedermi di parlare ancora di loro, tanto che adesso ne sto scrivendo un terzo, in cui la storia si sta evolvendo.
Si è posta il problema di come rendere comprensibile il mondo nordico, una società che è molto diversasia da quella del resto d'Europa, sia dal mondo anglosassone?
Sì, questo è un punto importante. Tanti scrittori svedesi eccellenti hanno descritto a modo loro il mondo nordico, ma io volevo trovare un modo mio di raccontarlo, mostrando anche alcuni aspetti di Stoccolma e della Scandinavia che non erano stati evidenziati. Non volevo mostrare solo il lato oscuro delle foreste e dei laghi ghiacciati, ma anche un aspetto più inedito e sorprendente della città di Stococlma.
In Italia in questo momento abbiamo una vera invasione mediatica del mondo della cucina e degli chef, che sono diventati delle star fin troppo invadenti. Il fatto di averlo messo al centro del romanzo vuole significare che anche in Svezia è così?
È assolutamente così anche da noi. Tutta la cultura dell'alta gastronomia si è molto sviluppata e ha come effetto positivo il fatto che possiamo andare a mangiare in ristoranti molto migliori, il che mi rende felice, ma credo che quella che sta assimilando i grandi chef a delle rockstar sia ormai una tendenza globlale. Fino a poco tempo fa, in fondo, gli chef non erano così benvisti, lavoravano tantissimo e la paga era bassa, non c'era attorno a loro nulla del glamour attuale. Oggi i grandi chef vivono in un mondo di prestigio nel quale ci sono una forte competizione e un gran giro di soldi, tutti ingredienti molto utili per essere inseriti in un thriller. Mi fa piacere che il boom accada proprio in questo periodo, perché a me l'idea del libro era venuta anni fa e sono contenta che questa tendenza sia ancora viva e in crescita.
C'è anche un aspetto oscuro dell'universo della cucina, con tutta una serie di regole proprie e tensioni nascoste. Mi piace andare a scoprire certe bolle di tensione.
Nel romanzo c'è un personaggio che fin dalle prime pagine racconta un passato doloroso, facendo riferimento ai tragici genocidi africani di qualche anno fa. Come mai ha fatto questa scelta di introdurre un tema importante e ancora scottante?
M'interessava che questo personaggio avesse un passato molto difficile e molto pesante, la cui esperienza traumatica viene poi in qualche modo sfruttata da altri. Ho voluto concentrarmi di più sulla tensione successiva che sulla violenza subita, ma volevo dare una certa profondità al personaggio, per cui sono anche andata in Ruanda per effettuare delle ricerche e ascoltare le storie della gente.
Dai suoi libri si ha la sensazione che la città di Stoccolma voglia tenersi al passo con l'Europa, anche forzando su certi aspetti estetici della società e seguendo mode estreme?
Sì, è un po' come se avessimo il complesso del fratello minore: abbiamo gli occhi puntati su New York, Milano, Londra o Parigi come se avessimo una sorta di ansia di stare al passo, o non avessimo fiducia nelle bellezze effettive di Stoccolma. Siamo molto concentrati sul successo, a partire dalle foto di svedesi famosi che tappezzano le pareti dell'aeroporto, per mostrarli ai viaggiatori in arrivo.
In cosa pensa di aver contribuito al movimento letterario nordico che è venuto alla ribalta negli ultimi anni?
Credo di aver un po' rinnovato il classico giallo svedese, rivelando aspetti della città di Stoccolma che sono diversi da quelli tradizionali. Me lo scrivono anche i lettori, che si dicono sorpresi e apprezzano il fatto che i miei non sono i tipici gialli svedesi.
Per chi legge tanti gialli, thriller e noir c'è una ricca tradizione di protagoniste femminili, da miss Marple a Erika Falck. Come inserirebbe la sua protagonista in questo filone e in cosa la considera diversa da quelle venute prima di lei?
Ci sono altre detective giornaliste, ma Solveig è una versione più contemporanea, usa molto i social, è estremamente coraggiosa e ama il rischio. Si identifica del tutto con la sua professione, il che la rende molto potente ma la tempo stesso molto vulnerabile. La professione è l'unica cosa che ha.
Il romanzo precedente parlava di moda, questo di alta cucina: si tratta sempre di mondi patinati e non alla portata di tutti. È un caso o una scelta precisa?
Sono molto affascinata da questi mondi e dal fatto che abbiano due lati, uno patinato tra vip, limousine e soldi che girano, e uno più oscuro, che un cliente di un ristorante non riesce certo a notare. Ed è questo lato oscuro che mi piace raccontare e mostrare ai lettori.
Se questi mondi fossero esseri umani direi che soffrono di sdoppiamento della personalità.
I suoi personaggi sono in un certo senso molto antipatici, egoisti, ma in questo senso anche molto umani. Ognuno vive per se stesso e cerca di realizzare i propri scopi anche a scapito del bene personale. La sua vita di giornalista registra esperienze di questo genere?
No, per fortuna. Ho colleghi molto carini e simpatici, ma sono situazioni che ho visto, soprattutto nei momenti di tensione, quando vengono fuori i lati peggiori della personalità. I miei personaggi devono avere delle caratteristiche reali. Solveig manca di autostima e si aggrappa al suo lavoro.
Cosa apprezzano di più i lettori in un romanzo che parla di Stoccolma?
I dettagli per me devono esprimere un mondo reale e mi fa piacere se i lettori lo riconoscono. Ho lavorato anche per un breve periodo in una cucina con uno chef, proprio per studiare i particolari di quel tipo di vita. Mi piace se i lettori mi dicono di aver avuto la sensazione di essersi trovati proprio lì, mi piace sottolineare aspetti della città meno conosciuti.
Sta già scrivendo la terza puntata della serie?
Sì, ci sto lavorando adesso e dovrebbe uscire in Svezia in autunno, e poi spero in Italia. Ritroveremo Solveig che indagherà nel mondo degli influencer.
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Per la prima foto, copyright: Austin Ban su Unsplash.
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