Il genio sta nel pensare a cose che ancora non esistono. Intervista a Walter Isaacson
Ezra Pound diceva che il genio è la capacità di vedere dieci cose dove l’uomo comune ne vede una o dove l’uomo di talento ne vede due o tre. Il genio è un visionario, capace di immaginare ciò che ancora non esiste. Walter Isaacson – scrittore e giornalista, presidente di Aspen Institute, già presidente e amministratore delegato della CNN e caporedattore del «Time» – attraverso una serie di biografie è all’incessante ricerca di queste personalità tanto eccezionali, tentando di capire cosa le abbia rese tali. Personalità diverse, eppure profondamente umane. Dopo i libri su Benjamin Franklin e Albert Einstein e la fortunatissima biografia di Steve Jobs, edita da Mondadori nel 2011, Isaacson è tornato in Italia per parlare del suo libro, Leonardo Da Vinci, pubblicato sempre da Mondadori nel novembre del 2017 nella traduzione di Laura Serra e Tullio Cannillo, che racconta la vita del genio del Rinascimento.
Nell’intervista che ci ha concesso abbiamo cercato di capire quali siano i risultati di questa lunga e appassionata ricerca sul genio.
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Siamo soliti consigliare ai giovani di studiare e specializzarsi in un singolo e ristretto argomento. Ma le personalità di cui ha raccontato la storia nei suoi libri, a partire da Leonardo Da Vinci, sembrano incoraggiare il contrario.
Penso che le persone più creative e geniali di tutti i tempi fossero persone curiose, desiderose di studiare i più diversi campi del sapere. Leonardo, Steve Jobs, Benjamin Franklin, Albert Einstein, tutti loro hanno amato allo stesso tempo l’arte, le lettere, la scienza, l’ingegneria. E solo studiando campi e saperi così diversi sono riusciti a vedere la bellezza, quei motivi comuni che attraversano i diversi ambiti. Essere curioso in tutto, invece che specializzarsi, penso che ti permetta di essere più creativo degli altri.
Stiamo mandando ai giovani un messaggio sbagliato, insomma.
Credo che sia sbagliato spingere i ragazzi a studiare a programmare e a scrivere codici senza spingerli verso l’arte e le lettere. Nel futuro le macchine magari sapranno programmare meglio di noi, ma non sapranno essere creative. Credo che se spingeremo i ragazzi a studiare solo ingegneria non saranno mai creativi come lo è stato Leonardo.
Le persone di cui ha scritto erano tutte persone intelligenti e creative. Ma qual è la relazione tra genio e creatività?
Ci sono molte persone intelligenti a questo mondo, ma che non hanno un grande impatto sulla società. Per poter essere incisive devono essere creative, devono sapere immaginare: solo così saranno in grado di pensare in maniera diversa. Essere creativi non significa soltanto essere intelligenti, ma essere capaci di pensare a cose che ancora non esistono, di inventare e innovare. Serve amore per l’immaginazione e tanta fantasia. Leonardo amava il teatro, per esempio, e questo amore gli permetteva di guardare alla scienza in maniera completamente diversa e originale.
Erano persone geniali, ma anche essere umani. Ognuno di noi può aspirare a diventare come loro, scrive nel libro.
Sa, Leonardo non era la persona più intelligente del suo tempo. C’era Luca Pacioli, un incredibile matematico. C’era Donato Bramante, un formidabile architetto. Leonardo ha imparato da queste persone ma ciò che l’ha reso diverso è il suo tentativo di imparare tutto dei più diversi ambiti del sapere e di scoprire i motivi ricorrenti nella natura. Ciò che ci continua a stupire di lui è la sconfinata curiosità, la capacità di fermarsi e cercare di capire ciò che a un primo sguardo sembra non quadrare.
Come possiamo lavorare sulla nostra curiosità?
Se ogni ora di ogni giorno dell’anno ci fermassimo, anche solo per dieci secondi, quando vediamo qualcosa di interessante, ci alleneremmo alla curiosità, a quella curiosità che dominava Leonardo e lo spingeva a studiare persino gli oggetti del quotidiano. Siamo sempre così di fretta che non ci accorgiamo della bellezza della natura e dei meccanismi che la regolano.
Qual era il rapporto tra Milano e Leonardo? Leonardo diede molto alla città e viceversa.
Quando arrivò a Milano Leonardo divenne parte della corte, dove c’era Ludovico Sforza che voleva giustificare il suo potere raccogliendo le migliori menti del tempo. Portò alla sua corte grandi drammaturghi, musicisti e ingegneri che ebbero su Leonardo una grande influenza. Queste persone tanto diverse aiutarono Leonardo a diventare il genio creativo che si rivelò essere.
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Nel libro ricorrono alcuni riferimenti non troppo positivi nei confronti di alcune grandi innovazioni, come quelle apportate dai social network. Non è un caso, forse, che nella conclusione, elencando alcuni insegnamenti che possiamo apprendere da Leonardo, specifichi l’importanza di scrivere su carta.
Entrando alla biblioteca ambrosiana o agli Uffizi o all’Accademia di Venezia e vedendo gli appunti e i diari di Leonardo ci si accorge che la carta è un’ottima tecnologia, capace di sopravvivere per cinquecento anni. A volte la vecchia tecnologia è buona, come la carta. I social network, come Facebook, sono state grandi innovazioni, ma sono veleno perché c’è chi le usa per dividerci, invece che per unirci. Rendere la tecnologia human friendly è importante, eppure spesse volte questo non si verifica. Io nutro la speranza che in Europa prima o poi venga inventato un social network più sicuro, civile, attento alla privacy, capace di sfidare Facebook.
Chiudiamo con un gioco: di chi parlerà la prossima biografia di Isaacson? Comincio io: Mark Zuckerberg, anche se penso di sapere già la risposta.
No, non credo scriverò di Mark Zuckerberg. Forse di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, sì.
Luigi Di Maio?
No, non penso. Mi interesserebbe scrivere di Bill Gates e Marie Curie.
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Per la prima foto, copyright: Roman Mager.
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