I terribili scherzi della memoria. Intervista a B. A. Paris
Finn ricorda tutto, tranne un momento essenziale, quello in cui Layla ha un istante di paura. È un vuoto che lo tortura da oltre dodici anni, così come l’assenza di una risposta alla domanda “dov’è finita Layla?”.
Sono questi gli ingredienti di Non dimenticare, il nuovo thriller psicologico di B. A. Paris, edito in Italia da Nord Edizioni (traduzione di Olivia Crosio).
Parte tutto da una stazione di servizio isolata e buia. Layla è in macchina quando Finn scende per andare ai bagni pubblici poco distanti, almeno così ha dichiarato alla polizia francese la sera in cui aveva denunciato la scomparsa della sua fidanzata. Erano in viaggio di ritorno verso l’Inghilterra, erano soli e felici, dopo una vacanza in Francia. Aveva detto anche questo agli inquirenti. Ma aveva mentito.
Aveva mentito un po’ per paura e un po’ perché non ricorda. C’è uno spazio minuscolo di tempo in cui è tutto vuoto e buio come la stazione di servizio dalla quale è scomparsa Layla senza lasciare nessuna traccia di sé.
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È stata uccisa? E se sì, chi l’ha uccisa? È stata rapita? Dov’è Layla? Sono dodici anni che Finn se lo chiede e, da alcuni mesi, certe volte gli sembra di rivederla in Ellen, la sorella di Layla con la quale ha una relazione e sta per sposarsi tra poco. La rivede, o si illude di vederla, perché Ellen è esattamente il contrario di Layla, fisicamente e caratterialmente. Lo è sempre stata.
Sono felici, Finn ed Ellen, beh, non come lo era un tempo con Layla, ma sono due adulti a cui la vita va bene così. Insieme hanno superato la perdita di Layla e hanno guardato avanti costruendo un’esistenza tranquilla fuori città.
Il lettore si trova così catapultato in una realtà che diventa subito densa, come una trappola, si ha un solo modo per ritornare liberi: leggere.
L’apparente tranquillità della coppia Finn ed Ellen si spezza all’improvviso. A un anziano vicino di casa sembra di aver intravisto Layla aggirarsi intorno al vecchio cottage in cui i due vivevano dodici anni prima, e lo fa sapere a Finn. Non solo, Ellen ritrova una piccola Matrioska. La più piccola della colorata famiglia di bambole russe. La sua Matrioska. Quella che aveva perso da bambina, anzi che Layla le aveva rubato, sostiene Ellen.
È possibile che Layla sia tornata oppure qualcuno ha scoperto che Finn ha mentito? Le due domande persistono per tutta la durata del libro, sciogliendosi poi in un finale sorprendente.
Dopo la lettura del suo romanzo, con l’animo ancora profondamente colpito, l’unica domanda che verrebbe da fare all’autrice è un puerile ed estasiato: come ha fatto?
In occasione del suo tour in Italia, B. A. Paris ha svelato qualche dettaglio che si cela dietro la stesura del suo ultimo romanzo, Non dimenticare.
Com’è nata l’idea del romanzo?
Viaggiavo con mio marito e ci siamo ritrovati a un certo punto in un’area di servizio, buia e isolata, esattamente come quella che descrivo nel romanzo. Lui è sceso per andare ai bagni e io sono rimasta in macchina. Mi sono chiesta allora cosa succederebbe se, al suo ritorno, non mi trovasse più. Quando è rientrato in macchina, ho detto a mio marito che avevo l’idea per il nuovo romanzo.
Ho iniziato così a pensare alle possibili ipotesi e circostanze e sono arrivati Finn e Layla.
Mi piaceva però indagare la mente maschile, quindi adottare il punto di vista maschile e mettere alla prova la sua vulnerabilità.
Una volta scelta la storia, come si è approcciata nello sviscerarla? Ovvero, ha scelto un genere specifico, ha scelto di indagare la mente umana e le sue molte sfaccettature, come diceva anche lei, la sua vulnerabilità…
Una volta scelto il percorso che volevo seguire, ho svolto alcuni studi in merito alle situazioni psicologiche di cui parlo. Mi sono avvalsa anche della collaborazione di specialisti in materia perché il punto essenziale di ogni storia è che questa sia credibile, realistica. Il lettore deve avere la sensazione che quella è una situazione che può capitare.
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Come dicevamo, è un viaggio dentro la mente, in un certo senso, ma anche uno nel tempo. In questo secondo viaggio, quello temporale, Finn è andato avanti e si è innamorato di nuovo. Questa volta della tranquilla Ellen, se la pensiamo in opposizione alla sorella Layla. Due figure così opposte…
Sono diverse, è vero. Ellen, infatti, ha un grande obiettivo, ovvero essere perfetta per Finn, per cui l’opposto di Layla. Ellen ama i cani e va dal parrucchiere con regolarità, è prevedibile nei gesti e nel modo di vestirsi, ma anche nel tipo di vita che può offrire a Finn. Layla, di contro, specie con i suoi vent’anni, era stata una ventata di imprevedibilità.
In più di un’occasione, Finn ammette che non sapere è di gran lunga più doloroso del sapere Layla morta…
Vero, è così. È peggio non sapere. Sapere ti permette di elaborare il lutto, accettare il dolore. Puoi raggiungere una chiusura e con questa arrestare la speranza. Se non si ha la parola fine, si vive sempre con una miriade di domande, prima tra tutte se colui che è scomparso sia ancora vivo. Col tempo, la speranza può diventare un peso.
Qual è la paura più grande di Ellen? E quella di Finn?
Per Ellen, sicuramente, è quella di perdere Finn.
Il tormento più grande di Finn, invece, è quello di non sapere, di non riuscire a colmare quel vuoto nella memoria che risale a dodici anni prima. Che cosa le ha fatto? Ecco, questa domanda gli corrode l’anima. È certo al 99% di non averla uccisa, ma rimane quella piccola percentuale in cui potrebbe averlo anche fatto. Di contro, c’è un’altra paura, più sottile, se vogliamo, quella di sbagliarsi. Cioè, di ritrovarsi un giorno a rimpiangere di aver sposato Ellen.
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Ci sono libri particolarmente appassionanti che mi intrappolano con la loro storia per poi, come in una specie di transfer, ritrovarmi a interrogarmi sulla vita a partire, appunto, dalla storia. Detto altrimenti, è come se parlassero anche di me, in un certo senso. Allora, la domanda che le voglio porre è questa: in che misura è d’accordo con il fatto che nel momento in cui ci sembra di aver ottenuto tutto quello che volevamo, ci ritroviamo a cercare - e persino inventare - un problema?
Credo che nella vita, quando si pensa di aver raggiunto un certo grado di perfezione, si senta l’urgenza di fare una verifica nella realtà. Cioè, è vero che le cose vanno davvero bene? Sebbene si tenda a raggiungere la felicità, appena si avverte che si è felici, si va a testare i suoi limiti. Una prova. Così con la perfezione. Questa, tra l’altro, non sta nella natura umana, rivelandosi noiosa. Forse, in ultima analisi, è proprio questo il motivo per cui andiamo alla ricerca dei problemi. O alla loro creazione, a seconda dei casi.
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Per la prima foto, copyright: Markus Spiske su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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