George Orwell e le sue attualissime posizioni sulla Russia
In questo periodo si parla sempre più spesso della Russia di Putin, tra attacchi di hacker informatici a tutto il mondo e arresti vari, sembra che le questioni siano le stesse di qualche anno fa, come ebbe a notare in maniera abbastanza puntuale e precisa George Orwell.
Nella prefazione all’edizione ucraina del 1947 a La fattoria degli animali, Orwell infatti si sofferma molto sul regime sovietico, evidenziando quanto segue:
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Ho compreso, più chiaramente di quanto abbia mai fatto, l’influenza negativa del mito sovietico sul movimento socialista occidentale.
E qui devo fare una pausa per descrivere il mio atteggiamento verso il regime sovietico.
Non ho mai visitato la Russia e la mia conoscenza di questo Paese consiste solo di ciò che può essere appreso leggendo libri e giornali. Anche se ne avessi la possibilità, non mi andrebbe di interferire nelle questioni sovietiche interne: non condannerei Stalin e i suoi soci semplicemente per i loro metodi barbari e anti-democratici. È abbastanza possibile che, anche con le migliori intenzioni, non avrebbero potuto agire diversamente date le condizioni che prevalevano lì.
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Ma d’altra parte fu di massima importanza per me il fatto che le persone nell’Europa occidentale avrebbero dovuto vedere il regime sovietico per ciò che realmente era…
Mi sono convinto che la distruzione del mito sovietico sarebbe stata essenziale se avessimo voluto una rinascita del movimento socialista.
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E Orwell conclude con una nota sul messaggio finale del libro (spesso frainteso):
Non voglio scrivere un commento sul libro; se non parla da sé, è un fallimento. Ma mi piacerebbe enfatizzare due punti: prima, che sebbene i vari episodi siano presi dalla storia reale della Rivoluzione russa, sono trattati in modo schematico e il loro ordine cronologico è cambiato; questo è stato necessario per conservare la simmetria della storia. Il secondo punto non è stato colto da molti critici, forse perché non l’ho evidenziato abbastanza.
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Un certo numero di lettori potrebbe finire il libro con l’impressione che si concluda con la completa riconciliazione tra maiali e umani. Questo non era nelle mie intenzioni; al contrario ho inteso finire con una forte nota di contrasto, perché l’avevo scritto subito dopo la Conferenza di Teheran che si pensava avrebbe stabilito le migliori relazioni possibili tra l’URSS e l’Occidente. Personalmente non ho creduto che queste buone relazioni sarebbero durate a lungo e, come gli eventi hanno mostrato, non avevo molto torto.
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Vogliamo però lasciarvi con un’altra straordinaria annotazione di George Orwell, questa volta contenuta nell’edizione del 1995 de La fattoria degli animali, la stessa con le bellissime illustrazioni di Ralph Steadman. Per la prima volta infatti in quest’edizione fu inclusa la prefazione che George Orwell aveva pensato per la prima edizione dell’opera ma che non fu mai pubblicata.
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Il titolo originale è La libertà della stampa e il testo è una critica alla paura dei media per l’opinione pubblica e a come questa finisca col mettere in discussione la responsabilità più importante del giornalismo:
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Il pericolo più grande per la libertà di pensiero e di parola in questo momento non è la diretta interferenza di un qualsiasi ente. Se le case editrici e gli editor si danno da fare per non pubblicare libri che trattano certi argomenti, ciò non accade perché sono spaventati dalla minaccia di un’azione legale ma perché sono spaventati dall’opinione pubblica. In questo paese, la codardia intellettuale è il peggior nemico che uno scrittore o un giornalista debba affrontare.
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