Gabriele D’Annunzio e l’attualità dell’impresa di Fiume. Intervista a Giordano Bruno Guerri
D’Annunzio, l’impresa di Fiume, il centenario e tanti documenti inediti che Giordano Bruno Guerri fa confluire nel suo nuovo volume, Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919-1920, uscito per Mondadori.
Dell’autore basta ricordare che è uno storico e giornalista impegnato soprattutto nello studio del XX secolo e del ventennio fascista. Da diversi anni è presidente della Fondazione Vittoriale degli Italiani, ovvero la casa di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera.
Disobbedisco sorprende con le informazioni raccolte, specie un pubblico che la figura di D’Annunzio l’ha costruita su poche nozioni scolastiche e un po’ di curiosità personale.
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Si scopre una specie di rock star che infiamma le masse, il popolo, un astuto promotore di se stesso che finge la propria morte in prossimità dell’uscita del secondo libro per garantirsi il medesimo rumore mediatico del primo. Ma anche un abile stratega, una mente acuta e un comandante con le idee chiare. L’anticipatore di una visione che ancora oggi fatica a prendere vita in modo definitivo.
Si viene travolti da Giordano Bruno Guerri e, quando giunge il momento di parlare all’autore, si ha la sensazione di non riuscire a ritrovare le parole giuste, le domande si accavallano e si contendono la possibilità di venire espresse.
Giordano Bruno Guerri è di poche parole, quando intervistato, poche ed essenziali. Diventa ricco di dettagli tra le pagine del volume, fino a farti vedere con gli occhi dell’immaginazione il Vate e la resistenza di Fiume.
In sintesi, l’impresa di Fiume è la ribellione di alcuni reparti del Regio Esercito che intende occupare la città adriatica di Fiume, contesa tra i due regni, quello d’Italia e quello di Jugoslavia. La spedizione, guidata da D’Annunzio, raggiunge Fiume il 12 settembre 1919 e proclama l’annessione al Regno d’Italia. L’occupazione dura 500 giorni con diverse vicende, si proclama la Reggenza italiana del Carnaro e raggiunge l’epilogo con il Trattato di Rapallo. L’impresa si conclude con l’intervento di Giolitti che sgombera Fiume durante le giornate del Natale 1920.
Se questa è la storia a grandi linee, Disobbedisco è la storia vista nella sua essenza, nelle sue relazioni meno evidenti, nei suoi particolari che hanno segnato il Novecento e che ancora segnano la nostra società.
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Com’è nata l’idea del libro?
Il 12 settembre, quest’anno, si celebra il centenario dell’impresa di Fiume, un evento centrale nella storia del Novecento, secondo me. È un nodo essenziale per comprendere lo sviluppo successivo.
Inoltre, lavorando al Vittoriale ho avuto modo di consultare numerosi inediti. Con Disobbedisco ho voluto creare non una semplice interpretazione dei fatti, ma aggiungere qualcosa di nuovo. La storia si arricchisce di volumi solo quando c’è qualcosa di nuovo da aggiungere. Cioè, io opero così.
Trovo che l’impresa di Fiume sia ancora molto attuale e importante. Il fascismo salito al potere se n’è impossessato dei miti, e ha condannato D’Annunzio, ma troviamo a Fiume moltissimi firmatari antifascisti. Da questo punto di vista, D’Annunzio stesso si è sentito tradito dal fascismo.
Accennava all’importanza di Fiume…
È il luogo in cui sono nati i germi dei fenomeni e degli eventi successivi avvenuti nella nostra storia.
Con la Carta del Carnaro si parlava di multietnismo, della questione delle donne e della loro eleggibilità.
Fiume è un’anticipazione di quello che è la nostra contemporaneità, è un fenomeno dell’immaginario collettivo, è la festa come mezzo di contestazione, è il luogo della libertà, dei diritti, del nazionalismo.
Tutto questo ha origine lì, a Fiume, e nella Carta del Carnaro.
La storia di un popolo non si muove a scatti…
Di più, un popolo non cambia nel giro di cent’anni. Oggi abbiamo ancora le caratteristiche del 1919, domina ancora la confusione.
D’Annunzio è la figura centrale di questa spedizione di Fiume, è la guida di questa anticipazione…
Era un grande intellettuale, un anticipatore. Il fascismo, anzi Mussolini, l’ha usato. Fingeva di essere a sua disposizione, ma segretamente stringeva rapporti con Giolitti per bombardare e scacciarlo da Fiume.
Quali erano i rapporti tra D’Annunzio e Mussolini?
Nella loro sostanza, i rapporti tra i due erano stati buoni. D’Annunzio non lo appoggiò mai, ma aveva rispetto per Mussolini. Inoltre, accettava i suoi soldi per il Vittoriale, si sentiva superiore a Mussolini e considerava il fascismo un fenomeno plebeo.
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La storia, anzi gli eventi storici, si collegano, in certa misura, con la cultura di un popolo…
La nostra cultura è un’ottima cultura umanistica, ed è una delle più forti al mondo. Abbiamo licei classici eccezionali, così come le università. Siamo però deboli per quanto concerne la cultura scientifica, tecnologica. I nostri ricercatori vanno all’estero per poter proseguire nelle loro ricerche e questa è una delle più grandi sfide della modernità.
Accennava alla scuola, e, parlando di storia, difficile non ricordare che l’ultima riforma risale al 1936, mentre sono del 2010 le Indicazioni generali…
Ho una riforma pronta in tasca.
Il problema scolastico in Italia è dato dal fatto che non si insegna a pensare ma cosa pensare. Il fallimento della scuola è dato da questo.
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