Della recensione, o inutile esercizio di stile
Arte difficile, quella della recensione, arte a torto considerata minore. Ingrata, spesso schernita, trascurata. Eppure sfaccettata, affrontata nei modi più disparati, quasi uno per ciascun recensore. Si consideri, dunque, il presente esercizio come necessaria, trasognata e poco “colta” provocazione.
Celebre è il micro-racconto alla base di Esercizi di stile di Raymond Queneau, testo tradotto, ma sarebbe meglio dire ripensato, riscritto, in italiano da Umberto Eco. Si consideri, dunque, nei suoi elementi fondamentali: ora di punta, uomo sull'autobus che prima si lamenta, poi occupa un posto, la voce narrante che lo incontra due ore dopo, e l'uomo di prima è con un amico che gli suggerisce di far mettere un bottone in più al soprabito.
Adesso le signorie loro, maestre dell'esegesi, paladini dell'erudizione, considerino le seguenti possibilità di “recensione”:
Narrativa finto-cinematografica
Esterno. Giorno. Ora di punta. Un giovane uomo, di venticinque o ventisei anni, si trova su un autobus. Affollato. Ciascuno di quelli che passano lo spinge, e lui si lamenta. Folla. Il giovane adocchia un posto vacante, lo occupa prontamente. Stacco. Due ore dopo, con un amico. Questi gli suggerisce, indicandolo, il punto dove far mettere un bottone in più al soprabito.
Impressionistica
Stiamo parlando di un esperimento di straordinaria bellezza. L'incedere sognante del giovane, catapultato alla realtà dagli spintoni degli altri occupanti dell'autobus, è di rara raffinatezza. Per non dire del momento in cui il protagonista occupa un posto lasciato libero, intimamente toccante. Non può quindi che essere un degno finale, quello in cui l'amico del protagonista, con laconica amarezza, dona il suo suggerimento all'aria.
Fanatica
Queneau è un maestro indiscusso. Poco altro importa.
Alternativa
Amici, per dirla in breve: questo Queneau spacca! Altro che i “classici”? Cosa sono i “classici”? Bella fratelli! Sempre vigili! A morte il mainstream espressione peggiore della società odierna!
Divagante
Anche a me è successo che mi spingessero sull'autobus. In particolare c'era una vecchietta che con istinto predatorio scandagliava l'autobus in cerca di un posto libero. Nessuno si alzava. Poi il posto libero l'ho visto io. E mi sono seduto, incurante della vecchia. Non mi piacciono i vecchi. A voi piacciono?
Incomprensibile
C'è qualcosa di tremendamente e dolorosamente filo-marxista nella scelta della collocazione spazio-temporale. L'ora in cui l'ombre sono più corte assurge a magnifica parafrasi di dechirichiana memoria. Postmoderne fate nel deserto di una piazza sono gli sprovveduti e stralunati avventori del mezzo pubblico di locomozione, certo stringente metafora tardo-capitalista. Come certo è senza timor di smentita l'accorato ed estemporaneo atto di rivicinta vitalista con cui l'uomo prende possesso, colonizza, la seduta, mettendo a parte gli astanti del suo improvviso e riuscitamente portato a compimento, impeto revanscista. La chiosa, poi, col suo afflato eternamente sospeso tra il metafisico e il contingente, attraverso il divertente e disperato siparietto del bottone, piccolo oggetto senza senso, noto a tutti per la panoplia culturale e iconica di cui è portatore, diventa insperata e magnifica resa dei conti, in un panorama complessivo vasto, desolato, e senza alcun timore smaccatamente, spavaldamente millenarista. Un capolavoro indimenticabile, la summa della civiltà occidentale, con tutte le sue oscene e superomistiche contraddizioni.
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Commenti
Tremendamente vero. Le tipologie sono azzeccate e riconoscibili: non possono che scatenare una (amara) risata.
Vista la recente lite Ostuni-Carofiglio, questo articolo cade a fagiolo...
la prossima recensione la scrivo in modalità "alternativa/giovane"...
"sto autore ci sta troppo dentro, spacca i culi, e tu, fra, non potrai che lovvare
sto pezzo di carta"
Vista la recente lite Ostuni-Carofiglio, questo articolo cade a fagiolo...
la prossima recensione la scrivo in modalità "alternativa/giovane"...
"sto autore ci sta troppo dentro, spacca i culi, e tu, fra, non potrai che lovvare
sto pezzo di carta"
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