Dal liceo alla morte, il nuovo thriller di Marilù Oliva
Musica sull'abisso (HarperCollinsItalia, 2019) è il nuovo romanzo di Marilù Oliva, apprezzata scrittrice di thriller, che ripropone il personaggio dell'ispettore Micol Medici dopo il felice debutto avvenuto lo scorso anno con Le spose sepolte (HarperCollinsItalia, 2018).
Siamo di nuovo a Bologna, scenario prediletto dalla scrittrice, dove il corpo di una giovane imprenditrice, scomparsa mentre correva come ogni mattina lungo gli argini del Bacchiglione, viene ritrovato dopo diversi giorni nel letto del fiume. Il caso viene archiviato come suicidio, ma la sorella non crede a questa ipotesi e decide di rivolgersi alla Sezione Omicidi, dove l'indagine viene affidata a Micol Medici e ai suoi colleghi. Si scopre presto che l'imprenditrice era una ex studentessa del prestigioso Liceo Cicerone, ma che la classe che aveva frequentato sembra segnata da un destino tragico e inquietante: dei quattordici ragazzi che avevano affrontato insieme la maturità quindici anni prima, infatti, ben nove sono già morti, spesso in circostanze non del tutto chiare.
Ma cosa legava tra loro questi ex compagni di scuola? E perché esiste una canzone, scritta in latino, che sembra anticipare in qualche modo il sinistro destino delle vittime? Toccherà a Micol Medici scoprire la verità, tra vecchi amori o rancori e false piste.
Marilù Oliva ha costruito una storia complessa e intrigante, ambientandola in una Bologna fuori dai cliché, come ci racconta in quest’intervista.
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Cosa le ha dato l'ispirazione per ambientare questa storia fra ex compagni di scuola?
La scuola è un luogo narrativamente molto suggestivo perché fondante e perché ci siamo passati tutti, quindi appartiene alla nostra età del mito. Ho frequentato, e non parlo nemmeno di tanto tempo fa, un liceo classico dai residui gentiliani, certo molto diverso dal Liceo Cicerone di Musica sull'abisso, che tuttavia è una sua proiezione, almeno in quel modo onirico e sfumato che consente la finzione narrativa. I miei compagni di classe erano persone in gamba con cui sono rimasta tuttora in contatto (e tra di loro annovero due delle mie più care amiche), ma l'atmosfera che talvolta si respirava a lezione era qualcosa di simile, molto alla lontana, a quella trasposta nelle mie pagine: si sapeva chi erano le famiglie più facoltose (che godevano, quindi, di un certo rispetto), difficilmente ti scrollavi di dosso l'etichetta incollata il primo giorno di scuola e ciò che sentenziavano i professori non si metteva in discussione. Chiaramente sto generalizzando, mi porto nel cuore anche esempi di insegnamento fulgido.
Nel romanzo ha descritto una Bologna molto misteriosa, a tratti cupa, abbastanza lontana dall'immagine della città che possono avere i non bolognesi. Quanto c'è di vero e quanto di immaginario in questa "sua" Bologna?
È vero, l'immagine che si ha all'esterno è solare e rasserenante, in realtà la Bologna che descrivo è molto vera, perché le atmosfere sono frutto sia del punto di vista di chi osserva (e in un thriller l'osservazione è sospinta dalla suspense) sia del momento in cui la narrazione è calata e spesso si tratta di momenti di solitudine, di scorci notturni o carichi di un sovraffollamento che porta il protagonista a sentirsi estraniato dalla folla: da ciò consegue la cupezza e il senso di mistero di cui mi chiedeva, che sono voluti. Chiaramente io spingo alcune situazioni scegliendo di ambientarle sotto i portici bui, ad esempio, o in prossimità di una torre che sembra sovrasti con la sua ombra.
Le descrizioni medievali, di cui è ricco il centro storico, sono tutte vere, unica licenza è l'invenzione del Liceo Cicerone, dove hanno frequentato la quinta classe i ragazzi che, da adulti, sono morti in circostanze sospette.
Questo è il secondo romanzo con protagonista Micol Medici. Come mai ha scelto di creare un personaggio seriale dopo aver scritto libri molto diversi tra loro?
Questo è il mio secondo romanzo con Micol Medici ed è la quinta volta che mi cimento con la serialità, se includiamo la Trilogia gialla della Guerrera, progetto uscito per Elliot tra il 2010 e il 2012. Solitamente è il tipo di storia che fa propendere o meno per la serialità. Un libro allegorico come Lo Zoo, ad esempio, che era molto letterario e trasfigurava anche in chiave mitica la prigionia di creature diverse, proteso sul senso della vera libertà, avrebbe avuto compiutezza, a mio avviso, solo se autoconclusivo. Micol Medici ha ancora molto da dire. Sul lavoro si sta facendo conoscere, dal punto di vista affettivo non ha ancora una situazione del tutto stabile. Ogni romanzo di questa saga segue una propria parabola, quindi si può leggere indipendentemente dagli altri, ma l'esistenza della mia poliziotta subisce ogni volta un'evoluzione significativa.
Quali sono, dal suo punto di vista di autrice, i pregi e i difetti dell'uso di un personaggio seriale?
Un pregio è che l'autore conosce il suo personaggio e non rischia di incappare nell'errore di incoerenza. Ha inoltre il vantaggio di partire dal secondo episodio, in molti casi, con un lettore affezionato e questo non è poco. Un difetto è che manca la sorpresa e che alcuni dettagli non si possono correggere. A meno che tu non siaConan Doyle, che, come ben sappiamo, ha fatto resuscitare il più celebre detective della storia investigativa: Sherlock Holmes...
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Lei ha scritto dieci romanzi, quasi tutti legati dal fil rouge del crime. C'è qualcosa che si può ritrovare, una traccia, un leitmotiv nel suo percorso?
C'è qualcosa di involontario e me lo ha fatto notare un lettore l'anno scorso. Un messaggio che scorre in sottofondo, molto dimesso, che non oso mai far trapelare sotto forma di predica o di dialogo, ma si evince talvolta dai gesti dei personaggi o dall'evolversi delle vicende. Il messaggio credo che dica più o meno – lo esprimo ora con molta semplicità – che se trovassimo il modo per esercitare l'empatia e quindi fossimo tutti più solidali l'uno con l'altro, forse il mondo sarebbe migliore. Questo pensiero è qualcosa di trasversale, che attraversa – seguendo un suo percorso – tutti i miei romanzi e forse si è svelato un po' più audacemente ne Le sultanee neLo Zoo. Ecco, io non so se sia esattamente così, certo lo spero con ardore. Ma l'osservazione di questo affezionato e attento lettore è la cosa più bella che mi sia mai stata detta.
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Per la prima foto, copyright: Paolo D'Andrea su Unsplash.
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