Come trasformare una vittima in carnefice. “The chain” di Adrian McKinty
The chain di Adrian McKinty (Longanesi, tradotto da Alberto Pezzotta) rientra nel fortunato novero dei thriller psicologici, che negli ultimi anni stanno mietendo successi nel panorama editoriale, trovando largo consenso presso il pubblico dei lettori.
L’autore è uno scrittore irlandese che ora vive a New York, vincitore già di vari riconoscimenti letterari, tornato alla ribalta dopo il classico “blocco” dello scrittore, grazie al supporto dell’agente e sceneggiatore Shane Salerno, che lui stesso ringrazia, tra gli altri, nella postfazione del libro. Inoltre, come si evince dalla terza di copertina, il romanzo avrà una trasposizione sul grande schermo curata dalla Paramount. The chain ha avuto l’endorsement di vari maestri del genere thriller crime quali Stephen King, Don Wislow, Lee Child, Steve Cavanagh e questo può rappresentare un ulteriore fattore a favore del lavoro di McKinty.
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Il punto forte del thriller è l’immediatezza e il ritmo della trama, che scorre fluida nelle 352 pagine del libro, oltre all’idea originale che costituisce il centro del plot. Che cosa è “La Catena”, ovvero “The Chain” del titolo”? È un bieco ingranaggio in cui la protagonista della storia, Rachel Klein, si trova coinvolta da un giorno all’altro, quando le rapiscono la figlia adolescente Kylie di 13 anni mentre attende il bus quotidiano per recarsi a scuola. La donna, che tra l’altro è anche afflitta da problemi economici (li sta caparbiamente affrontando grazie a un impiego da insegnante sfruttando la sua laurea in filosofia, dopo aver cambiato altri lavori) nonché di salute e personali (si sta sottoponendo a chemioterapia e ha appena divorziato dall’ex marito Marty), viene così coinvolta in una spirale di eventi che la vedono vittima e carnefice al contempo. Infatti, per riavere la figlia, è costretta a versare un riscatto in danaro, bitcoin per la precisione, e rapire a sua volta un altro adolescente nel giro di ventiquattro ore, il tutto sotto la “supervisione” della famigerata “Catena”, che si nasconde e si rende irrintracciabile attraverso stratagemmi elettronici. Di qui si capisce l’accezione della “catena”, che sembra sottendere anche a un concetto “matematico”, visto il perpetrarsi del crimine senza soluzione di continuità.
Tutta storia si sviluppa negli Stati Uniti, a Plum Island e dintorni, Boston e New England, con vari personaggi che concorrono a tenere alta la tensione nel corso dell’adrenalinica trama. Il romanzo è diviso in due parti intitolate Tutte le ragazze perdute e Il mostro del labirinto, che sono strettamente collegate e con cui l’autore chiude il cerchio, fatto di suspense ed emozioni per il lettore.
Più che puntare sulla psicologia e lo sviluppo dei personaggi, a mio avviso lo scrittore ha invece fatto leva sulla paura e il terrore ingenerato dal plot, per far breccia nel lettore e renderlo partecipe della vicenda. Una sorta di “What if?” utilizzato come modello nell’analisi dei rischi, del tipo “Cosa accadrebbe se ti trovassi nella stessa situazione?” per farlo immedesimare compiutamente nel macabro “gioco” in cui viene invischiata suo malgrado Rachel.
I dialoghi e le azioni trasmettono il senso di urgenza e di ansia oltre che la consapevolezza che ognuno di noi può essere a rischio, anche alla luce della crescente tecnologia, talvolta utilizzata per scopi non etici, come si evince dal romanzo. Colpisce inoltre il comportamento della protagonista, di indole docile, ma capace di passare dal ruolo di vittima a quello di carnefice quasi come se fosse stato attivato un interruttore on/off dentro di sé, scoprendosi diversa dal suo essere, trovando risorse interne e istinti primordiali fino ad allora inespressi o nascosti. L’aver toccato l’amore filiale come bene prezioso è stato l’input emozionale per la protagonista a vedersi sotto una nuova prospettiva ed essere coriacea nell’affrontare le negatività che la vita le ha posto come sfida.
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D’altronde, anche McKinty ne fa un paradigma citando in esergo una frase del filosofo Schopenhauer dai suoi Aforismi: «Sbaglia molto meno colui che con uno sguardo eccessivamente pessimista considera questo mondo una sorta d’inferno». Nella recensione chiaramente non faremo spoiler per come si evolve poi la vicenda e di quali altri enigmi si celino dietro “La Catena”, però vogliamo rimarcare la tensione e la caparbietà che l’autore trasferisce nella protagonista nel tentativo di…spezzare la “catena”, anche metafora dell’insicurezza dei nostri giorni e “invisibile” spada di Damocle.
In definitiva, The chain si rivela un thriller intrigante per la tematica trattata oltre che molto “cinematografico”, con una minor enfasi però sull’introspezione dei personaggi, probabilmente relegata in secondo piano dalla vorticosità della trama stessa.
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