Come sono diventato Genny Savastano, dai vicoli di Napoli a Gomorra
Chi è Salvatore Esposito? Certo, il Genny Savastano di Gomorra. La serie, ma anche l’autore (con Diego Nuzzo) di Non volevo diventare un boss, pubblicato da Rizzoli nel 2016. Come ho realizzato i miei sogni grazie a Gomorra è il sottotitolo del testo, perché proprio grazie alla fortunata serie televisiva, ispirata al bestseller di Roberto Saviano, l’attore ha raggiunto una notorietà capace di andare oltre i confini nazionali.
Con questo libro, Esposito vuole raccontare sé stesso al di fuori del personaggio che interpreta sullo schermo. Non volevo diventare un boss è la storia di un ragazzo della Napoli popolare, figlio di un barbiere, che esordisce sulla scena a sei anni durante una vacanza in un villaggio turistico a Sibari. Uno spettacolo organizzato dagli animatori per i bambini, un musical dedicato alla figura di Fred Buscaglione: il piccolo Salvatore non è stato nemmeno avvicinato per prendere parte alla rappresentazione, però passa spesso davanti al posto dove si tengono le prove, ascolta, memorizza i movimenti e le canzoni. Così, quando gli animatori lo notano, Esposito è pronto. Tuttavia, il futuro Genny intraprende gli studi di recitazione molto più tardi. Completa le scuole superiori e si iscrive all’università: nel frattempo, lavora nel McDonald’s di San Marco Evangelista in provincia di Caserta, all’inizio con delle mansioni di sala, per poi essere promosso, nel giro di un anno, a responsabile di turno.
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Il sacro fuoco della recitazione continua però a bruciare nel giovane Salvatore che decide di lasciare l’impiego per trasferirsi a Roma. Lì si iscrive al Teatro Blu di Beatrice Bracco, la stessa scuola che ha formato attori come Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Gianmarco Tognazzi e molti altri. Esposito ricorda con affetto Beatrice Bracco (la quale è venuta a mancare nel dicembre 2012) e la sua esperienza presso l’accademia: quello sarà solo il primo passo verso il suo ruolo in Gomorra. Dopo una piccola parte ne Il clan dei camorristi, infatti, Esposito viene chiamato a fare da spalla ai provini di 1992, la serie tv incentrata sui fatti di Tangentopoli. Proprio in quell’occasione, l’attore viene informato dalla responsabile del casting Francesca Borromeo che sono in corso i provini per una nuova produzione Sky, la cui direttrice di casting è Laura Muccino, la sorella dei registi Gabriele e Silvio. Esposito è già a conoscenza del progetto, ha inviato il curriculum ed è stato scartato. Eppure, la Borromeo non si arrende e propone Salvatore come spalla alle audizioni degli attori. Il resto, come si suol dire, è storia: è grazie a quell’opportunità inaspettata che Esposito ha modo di mettere in campo le sue qualità e, dopo numerosi provini e lunghe attese, riesce a ottenere il ruolo di Genny Savastano.
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In Non volevo diventare un boss, tuttavia, Esposito non racconta solo di Gomorra. Trovano spazio anche la sua infanzia, l’adolescenza e un’affettuosa descrizione del popolo partenopeo, capace di piccoli e grandi gesti di generosità (per esempio, il ‘caffè sospeso’ è una bella usanza napoletana). Napoli è dipinta come la terra della musica e del teatro: non è solo camorra, è anche una città ricca di meraviglie, che può offrire molto a chi sa vederle e apprezzarle. Naturalmente, Esposito sottolinea anche la presenza della malavita, la tentazione, da parte di molti giovani, di cedere di fronte alla prospettiva di guadagni facili: eppure, come specifica il titolo, Salvatore non voleva diventare un boss, ma un attore. Un traguardo difficile che il protagonista di questa bella storia ha raggiunto dopo anni di studio e sacrifici anche da parte della famiglia, sempre presente nel percorso di formazione e crescita personale e professionale di Esposito.
In Non volevo diventare un boss, Salvatore Esposito offre un messaggio di speranza rivolto a tutti gli aspiranti attori. Ci vogliono tempo, dedizione, concentrazione, estrema attenzione a tutte le opportunità che la vita può offrire, anche le più impensabili: bisogna essere «nati pronti», per non lasciarsi sfuggire l’occasione giusta quando questa si presenta, nell’attimo in cui il vero talento riesce finalmente a esprimersi e a trovare il suo pubblico.
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