Come fare un discorso efficace
Fare un discorso efficace non è facile. Parlare davanti a una platea non è né semplice né automatico. Servono molte qualità, diverse tra loro: concentrazione, fiducia nei propri mezzi, capacità di proporre la propria persona a chi sta ascoltando, reattività, perspicacia.
Nel corso della storia, molte sono le orazioni diventate celebri, o perché tenute in occasioni di particolare rilevanza o perché hanno davvero contribuito, con la sola forza delle parole, a far “cambiare qualcosa”. Un volume che raccoglie alcuni tra i più importanti interventi della storia dell’umanità è I cento discorsi che hanno segnato la Storia, di Gianluca Lioni e Michele Fina, uscito per Editori Internazionali Riuniti nel 2014, e incluso all’interno della collana Report. Nel libro di Lioni e Fina sono raccolti estratti celebri, e gli oratori che si susseguono hanno nomi indelebili, da Temistocle a Socrate, da Leone III a Gengis Khan, da Steve Jobs a Barack Obama.
La carrellata proposta in I cento discorsi che hanno segnato la Storia ci dice qualcosa di più su ciò che serve per fare un discorso efficace. Più che in altri casi, infatti, allenamento, attenzione agli errori commessi ed esperienza acquisita sono cruciali. Ma non basta: serve qualcos’altro che risiede solo in chi parla, un “in più” che sfugge alla maggior parte delle codificazioni; qualcosa che non tutti hanno, ma che è possibile cercare. Noi vogliamo proporvi alcune indicazioni da seguire perché la vostra ricerca sia fruttuosa e il vostro discorso risulti il più valido possibile. Si tratta di strategie di massima, le quali vanno adattate, di volta in volta, all’argomento che affrontate, al contesto in cui il vostro intervento si colloca e all’uditorio che avete di fronte. Vediamole insieme.
- Un’apertura efficace: l’attacco è fondamentale. Prima di iniziare a parlare, prendetevi qualche secondo per guardare il pubblico, poi cominciate con decisione, ma senza fretta. I primi momenti rappresentano un test molto utile per l’oratore, e riuscire a carpire subito il mood che percorre l’uditorio è un grande passo. Del resto, chi ben comincia è a metà dell’opera;
- Attenzione alle emozioni: un discorso è fatto di informazioni, di argomentazioni, è vero. Ma senza delle emozioni che possano toccare il cuore di chi vi ascolta, ogni informazione sarà solo parte di un vuoto bollettino, ogni argomentazione sarà solo un blaterare senza mordente. A questo proposito, un ottimo esempio è il celebre discorso tenuto da Steve Jobs il 12 giugno 2005 all’università di Stanford, nel quale il fondatore di Apple raccontò tre episodi della propria vita, introducendo così le sue “narrazioni”: «Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, quest’occasione è la cosa più vicina alla laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie» (p. 302). Ricorrete agli aneddoti, specie se singolari, divertenti o dal contenuto emozionale forte, raccontate brevi storie, insomma: pensate all’importanza della narrazione;
- Occhio al contatto visivo: chi tiene un discorso efficace, guarda il suo pubblico in maniera vivace e predisposta alla ricezione del feedback. Guardare chi vi sta ascoltando vi fornisce indicazioni sull’umore, sul livello di attenzione, su accordi e disaccordi rispetto alle vostre parole, e un buon oratore deve (e sa) tenere conto di tutto questo. Per cui, bando a chi parla in pubblico guardandosi i piedi, ammirando il soffitto, oppure il cielo;
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- Scegliere bene i messaggi: nella preparazione di ciò che direte considerate la necessità di scegliere con cura i messaggi da inviare, riducendo al massimo il loro numero. Meglio veicolare meno concetti, ma in maniera più chiara, convincente, duratura. Varrà come esempio, traendo ancora spunto da I cento discorsi che hanno segnato la Storia, ciò che disse Barack Obama il 4 novembre 2008, a Chicago: «Se c’è ancora qualcuno che dubita del fatto che l’America sia il luogo dove tutto è possibile, e si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori sia ancora vivo, e s’interroga sul potere della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta» (p. 308);
- Scaletta, solo scaletta: può sembrare un’indicazione controproducente e finanche pericolosa, eppure crediamo che un buon discorso non debba essere un testo completo in tutte le sue parti, da leggere senza emozione alcuna, a mo’ di recita scolastica. Create una scaletta, con punti e sotto-punti, usate colori e dimensioni diversi, elenchi numerati, disegnate una mappa concettuale. Ma evitate a tutti i costi, per favore, il discorso completo, bell’e pronto, come una pappa da dare in pasto all’audience. In fondo, non è forse vero che Rem tene, verba sequentur?
- Suddividere, suddividere, suddividere: dimenticate i discorsi-monolite. Ciò che direte deve essere suddiviso in brevi sequenze, passaggi coerenti dal punto di vista logico, e la transizione da una sequenza all’altra deve essere evidenziata, fosse anche solo con una breve pausa, o con un sorriso. Ricordate sempre che non avete tutto il tempo del mondo per mantenere alta l’attenzione del vostro pubblico: date respiro ai cervelli di chi spende il proprio tempo ascoltandovi; basta ricordare la celebre orazione di Cicerone contro Catilina (p. 53), in cui l’invettiva risulta di una vivacità straordinaria, anche grazie alla capacità dell’oratore di modulare il tono del discorso, passando con grazia dal generale al particolare, dal tono conciliante a quello feroce, in poche battute;
- L’importante è chiudere: anche se ci troviamo di fronte al miglior discorso al mondo, ciò che verrà ricordato di più saranno le ultime frasi, se non l’ultima solamente. Per questo motivo, scegliete una frase breve, ma incisiva, per chiudere la vostra performance. Nello scenario peggiore, avrete salvato (anche se solo in parte) il discorso. Tenete a mente il modo con cui Martin Lutero chiuse il proprio intervento alla Dieta di Worms: «Qui sto fermo. Non posso fare altro» (p. 119);
- Un discorso efficace è sempre da migliorare: la perfezione è irraggiungibile, ma è un dovere migliorare. Dopo aver terminato di parlare, prendete quanto prima qualche appunto relativo alla struttura, ai riscontri ricevuti, alla durata. Cercate di perfezionare in maniera progressiva il vostro discorso, o almeno di scoprirne le debolezze, e fare tesoro di ciò per il prossimo discorso.
Come è facile da comprendere, non esiste la formula magica che sia adatta a realizzare un discorso buono “per tutte le stagioni”. Ciascuna situazione richiede di essere compresa a fondo e gestita con serenità, per quanto possibile, e con umiltà.
Fare un discorso efficace non è alchimia; casomai, si tratta di mettere in gioco due cose: la propria storia, e l’anima.
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