Chiara Gamberale: “Per dieci minuti”… in tram
Esce oggi il nuovo romanzo di Chiara Gamberale, Per dieci minuti, edito da Feltrinelli e la cui struttura narrativa si rivela fin dalla prime pagine piuttosto curiosa.
La protagonista è una Chiara, scrittrice trentaseienne e trasparente alter ego dell’autrice, che stenta a riprendere un’esistenza normale dopo essere stata lasciata dal marito, con cui aveva condiviso fin dai tempi del liceo un rapporto simbiotico ai limiti del patologico. Insieme si erano stabiliti accanto ai genitori di lei nel suo paesino natale, perso nella campagna romana, fino alla decisione di trasferirsi in un appartamento affittato a Roma per eliminare i disagi del pendolarismo. Subito dopo il trasloco, però, il marito è partito per Dublino per motivi di lavoro e da lì, poche settimane dopo, ha chiamato Chiara per annunciarle di non voler tornare a casa, perché invaghitosi della sua interprete.
Sola, in una casa ancora estranea, alle prese con un romanzo che non riesce a scrivere e privata all’improvviso anche della rubrica fissa che teneva con passione su un settimanale, Chiara continua a girare a vuoto finché la terapista da cui è finita in analisi le propone di fare una specie di gioco: per un mese, dovrà fare ogni giorno, per dieci minuti, qualcosa che non ha mai fatto prima.
Ogni capitolo del libro è, quindi, dedicato al compito del giorno, quei dieci minuti da riempire nei modi più svariati: si parte da cose apparentemente sciocche, come decidere di mettersi sulle unghie uno smalto di un colore inconsueto, abbonarsi a una palestra o cimentarsi, da cuoca negata, nella preparazione di un dolce. Col passare dei giorni, tuttavia, Chiara inizia a fare scelte sempre più significative, che coinvolgono anche i familiari e gli amici, tanto che, alla fine del mese, si renderà conto di aver fatto molte scoperte non solo su se stessa, ma anche e soprattutto riguardo al mondo circostante, in cui aveva vissuto fino a quel momento in un modo ben poco partecipativo, perché troppo assorbita dal suo rapporto esclusivo con il marito.
Al termine della lettura, è quasi scontato provare a fare lo stesso tipo di esperimento a livello personale, perché tutti noi, in fondo, tendiamo a vivere chiusi nel bozzolo delle nostre abitudini e certezze consolidate, e spesso evitiamo di sperimentare qualcosa di nuovo, un po’ per pigrizia, un po’ per paura di ciò che non conosciamo.
La presentazione milanese di Per dieci minuti ai blogger è stata decisamente inconsueta: saliti ad alcune fermate prestabilite di un tram della linea 1, abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare a tu per tu con Chiara Gamberale, naturalmente solo per dieci minuti a testa.
Il tutto in mezzo al viavai ordinario dei passeggeri in entrata e in uscita alle varie fermate, che curiosamente non hanno mostrato particolare interesse per la presenza di questo gruppetto animato e dei fotografi che scattavano a ripetizione: forse sarebbero entrati maggiormente in fibrillazione se avessero incontrato sul tram qualche volto noto della televisione?
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Riporto, qui di seguito, alcune domande che ho posto a Chiara Gamberale durante il nostro incontro.
Sono evidenti le analogie tra l’io narrante e Chiara Gamberale, scrittrice che dopo il primo romanzo ha lavorato molto anche come autrice e conduttrice radiotelevisiva. Io la ricordo accanto a Luciano Rispoli in Parola mia, fortunata trasmissione sull’uso della lingua italiana.
Già, quella è un esempio delle cose buone che chiudono, come appunto la rubrica di Chiara in Per dieci minuti … Parola mia era una trasmissione molto ben fatta, che mi ha offerto una grande possibilità con la scelta inconsueta di affiancare il conduttore non come velina, ma come la giovane scrittrice che ero. Purtroppo adesso in televisione non esiste più nulla del genere.
A me è piaciuta molto l’idea di fondo del libro perché penso che dovremmo provare un po’ tutti a sperimentare ogni giorno delle cose mai fatte.
Sì, non dovrebbe essere così difficile, anche per chi non fa un lavoro senza orari come la protagonista, l’io narrante che coincide con me. Non è necessario fare cose trascendentali, si può anche camminare per strada all’indietro (come fa Chiara nel romanzo), cosa che poi non importa a nessuno dei passanti. Che sono un po’ come i passeggeri di questo tram.
Nella storia, però, sembra esserci una contraddizione tra il fatto che la protagonista ha viaggiato per anni in mezzo mondo con il marito, soggiornando in luoghi molto diversi tra loro, adattandosi quindi a modi di vita differenti, e poi trova traumatico il trasloco dal suo paesino a Roma, dove fatica tanto ad ambientarsi. Come lo spieghi?
In questo la protagonista mi assomiglia totalmente, quindi posso parlare per lei, visto che siamo uguali... In psicologia questo si chiama atteggiamento contro-fobico: si tratta di persone che hanno paure enormi, e al tempo stesso minime. Hanno paura dell’amore, hanno paura dei cambiamenti, anche se poi, per altri aspetti, possono essere persone coraggiosissime. Io, tanto per dirne una, ho viaggiato dappertutto e mi sono persino lanciata con un paracadute, però ero terrorizzata quando si è trattato di trasferirmi dalla periferia al centro di Roma. Renditi conto!
Quindi paura di cambiare le proprie abitudini?
Sì, Chiara non riesce ad accettare i cambiamenti avvenuti nella sua vita, anche se poi non si comporta da persona paurosa.
Ti posso raccontare che anch’io ho avuto un anno di crisi come lei, e in quell’anno io, che avevo sempre viaggiato dappertutto, mi sono rifiutata di uscire dal Mediterraneo, che sentivo come vicino e non così ignoto da spaventarmi.
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Commenti
ieri ho comperato il libro , ho iniziato a leggerlo alle 22 senza più riuscire a staccarmi dal racconto che ho terminato alle 02 di oggi! ho trovato la mia storia , il mio dolore , la possibilità del riscatto. Grazie per questo libro!
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