Che fine farà l’homo sapiens? Viaggio al termine della nostra specie
Homo sapiens è la definizione tassonomica adoperata per riferirsi all’essere umano moderno. Quali cambiamenti ha subito questo uomo sapiente rispetto ai suoi predecessori e che tipo di relazioni intrattiene con i suoi simili e con l’ambiente nel quale vive?
Oggi viviamo, indubbiamente, nell’era della tecnologia, la quale è parte essenziale, nonché determinante della nostra esistenza quotidiana. Giorno dopo giorno il progresso si evolve, consentendoci di fare cose nuove e prima inimmaginabili. Insieme alla tecnologia mutano, tuttavia, i comportamenti e le relazioni che l’uomo intrattiene con la società. Cambiano gli strumenti e gli usi sociali. Il progresso può essere di sicuro definito una lama a doppio taglio, un elemento tanto positivo quanto negativo. Positivo se si pensa ad esempio a tutte quelle scoperte fatte in campo medico che hanno consentito di salvare milioni di vite umane, mentre negativo se si valutano i danni provocati dall’uomo con la sua smania egocentrica di voler a ogni costo dominare la natura, sfruttando prepotentemente le risorse che essa offre (carbonio, petrolio, etc.) con il conseguente catastrofico impatto distruttivo sull’ambiente. La natura bicefala del progresso dipende dall’uso che l’uomo ne fa, corretto o scorretto, rivolto a fini moralmente accettabili o ecologicamente sostenibili.
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I cambiamenti tecnologici avvengono con una rapidità incredibile. Tante cose passano dal fare parte dell’uso quotidiano all’essere soppiantate in modo veloce da altri nuovi strumenti. È una «velocità tale che rende difficile stare al passo, che produce cambiamenti sociali profondi senza che la società riesca ad adattarsi ad essi, sempre alla rincorsa di nuovi ritrovati e sempre obbligati a cambiare le proprie abitudini e i propri ritmi per digerire le nuove tecniche». Con queste parole Gianfranco Pacchioni, docente di chimica all’università di Milano Bicocca, si esprime nel saggio L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie (Il Mulino Editore). Nel corso dei secoli l’uomo è riuscito a cambiare non solo l’ambiente in cui vive, ma anche se stesso. Tuttavia la corsa accelerativa che stanno subendo le varie scoperte tecnologiche e scientifiche apre lo spazio a diversi interrogativi su quali potranno essere le inevitabili conseguenze di questa lotta contro il tempo.
I giovani di oggi non riescono a concepire una vita senza il telefono cellulare, i social o internet, e persino le generazioni cresciute senza tali tecnologie oramai ne sono totalmente dipendenti, tanto da non poterne più fare a meno. I videogiochi hanno sostituito la pratica di uno sport, creando dipendenza nei giovani e isolandoli dal mondo; le app di messaggistica hanno preso il posto dei contatti visivi umani. Negli ultimi vent’anni la vita è cambiata notevolmente in ogni settore, e il pericolo che le nuove tecnologie, dalle macchine molecolari alle biostampanti in 3d, possano sfuggire di mano al suo stesso inventore è sempre dietro l’angolo.
Come il sottotitolo indica, in questo saggio scritto con un forte e pungente, ma al contempo distaccato senso critico, Gianfranco Pacchioni compie un viaggio nel corso dei secoli, in mezzo alle molteplici scoperte tecnologiche, in compagnia di un uomo, anche lui scrittore e chimico, che aveva già profeticamente anticipato molte delle rivoluzioni a cui stiamo assistendo, ovvero Primo Levi.
Nei racconti scritti tra gli anni Sessanta e Settanta, Storie naturali (1966) e Vizio di forma (1971),Primo Levi (di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita) anticipa molti temi attuali: dalla clonazione alla realtà virtuale, dalla genetica alle neuroscienze e lancia degli avvertimenti su come le tecnologie possano sopraffare l’uomo, perché se è vero che l’uomo cambia il mondo, è pur vero che prima o poi il mondo cambierà irrimediabilmente l’uomo.
Pacchioni riprende passi tratti dai racconti di Primo Levi per mettere in evidenza il clima di incertezza e la visione pessimistica del futuro che attanagliava lo scrittore torinese e per porre l’accento su molte tematiche affrontate da Levi, attuali più che mai, come l’impatto dell’uomo sul mondo per via dell’industrializzazione e dello sviluppo tecnologico, la manipolazione genetica e la creazione artificiale di esseri viventi.
Il libro di Pacchioni è dunque da una parte un omaggio all’acume dello scrittore torinese, dall’altro un allarmante presagio di come potrà essere il futuro se l’homo sapiens non darà un limite o quantomeno una “regolata” a questa sua smania incessante di voler a tutti i costi dominare la natura e le cose. In questo viaggio verso il futuro, in mezzo a profezie che diventano sempre più certezze reali e inquietanti, la domanda che Pacchioni invita il lettore a porsi è quella di capire verso quale direzione l’uomo si sta dirigendo.
Le generazioni future saranno in grado di mettere a punto dispositivi sempre più potenti, «la conoscenza del funzionamento del nostro cervello crescerà vertiginosamente, diventerà sempre più facile impiantare, collegare o sostituire parti del nostro sistema nervoso con altre del tutto artificiali al fine di aumentare le nostre capacità cognitive», ma bisognerà essere cauti nel valutare i progressi tecnologici e sperare che l’uomo sappia farne un uso cosciente.
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«Saremo in grado di fermarci per tempo nella nostra corsa al tubo compressore verso le colonne d’Ercole? Homo faber fortunae suae, dicevano i latini». L’uomo è artefice della propria sorte, ma di quale sorte si tratti non resta che attendere per scoprire. Gli aspetti negativi del progresso possono essere sicuramente arginati. Tutto dipende dall’uomo, il quale dovrebbe essere abbastanza forte da direzionare la tecnologia e non lasciarsi manipolare da essa; intelligente da utilizzare il progresso per migliorare l’ambiente in cui vive, anziché distruggerlo, perché il rischio che altrimenti l’uomo perda se stesso e la propria identità per divenire un incrocio metà umano metà artificiale diventerà davvero reale, e non più solo una profezia infondata.
Per la prima foto, copyright: Ramón Salinero su Unsplash.
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