Buone idee per #labuonascuola – L’esperienza di Salman Khan
I cittadini italiani sono chiamati a un vero appello del Governo: fateci proposte, progetti, piani, idee innovative. Ma l'Italia "non è un'isola", parafrasando Thomas Merton e John Donne, tendere l'orecchio al cambiamento in atto intorno a noi è un esercizio persino troppo facile. Tra le posizioni più originali sull'Education, è di grande attualità quella di Salman Khan, fondatore della Khan Academy.
Khan, nel 2012, ha pubblicato The One World Schoolhouse: Education Reimagined, l'edizione italiana del libro uscita l'anno scorso (Corbaccio editore) ha un titolo con certamente meno appeal, La scuola in rete, e soprattutto della scuola in rete nel testo si parla poco.
Salman Khan propone una visione del tutto rinnovatrice, di una scuola aperta, collaborativa, interconnessa, stravolgendo, tempi, modi, metodi di apprendimento, processi cognitivi, ruolo degli insegnanti. Seguendo un filo rosso: solo una scuola che offra a tutti contenuti di alta qualità può garantirci un futuro in evoluzione.
«Se uno Stato (ad es., l'America) continuasse a essere una fucina d'innovazione, chi ne trarrebbe beneficio? Solo una piccola parte degli studenti americani, con lo Stato costretto a importare talenti dall'estero?» scrive Salman Khan. No, così come è evidente che la democrazia reale dei Paesi in via di sviluppo è ostacolata da cattivi apparati scolastici e da un sistema inadeguato. Considerazioni valide per i giovani del mondo intero.
«Sono convinto – sostiene – che ciascuno di noi abbia un interesse nell'istruzione di tutti. Magari in un villaggio africano vive una ragazzina che un giorno sarà in grado di trovare la cura definitiva per il cancro. O il figlio di un pescatore nella Nuova Guinea potrebbe avere l'idea efficace per salvare gli oceani. Perché dovremmo permettere che il loro talento vada sprecato? Come possiamo giustificare il fatto che a quei bambini non sia offerta un‘istruzione di alto livello, dato che la tecnologia e le risorse per farlo sono disponibili. Abbiamo la lungimiranza e l'audacia per farlo».
I vantaggi del caos controllato
La proposta del fondatore della Khan Academy, di una scuola fatta di classi (aule) dove si applica un caos controllato, che in molti – docenti esperti in Education, politici e giornalisti specializzati – hanno definito utopia pura, arriva nelle ultime 40 pagine del libro (nell'edizione italiana ne ha 245). Nei precedenti capitoli l'autore non si è fatto mancare una ragionata analisi della storia della pedagogia internazionale, sin dalle origini dell'uomo, disseminando il suo testo di esperienze concrete, episodi personali, familiari, teorie e applicazioni delle nuove metodologie in varie parti del mondo.
L'idea di scuola di Salman Khan mette tra le priorità: il rispetto del ritmo di apprendimento dello studente, la scelta e la responsabilità della sua istruzione (che dovrebbe essergli attribuita), una collaborazione tra studenti di diverse età, un diverso ruolo del docente che diventa un tutor. Alcuni imperativi categorici: che non si lasci nessuno indietro, che si dia la possibilità di sbagliare (quindi di rischiare), che si conceda spazio all'unicità dello studente e non alla sua irreggimentazione, e che si colmino le lacune o i blocchi degli allievi senza costruire un'istruzione come il "formaggio svizzero", con i suoi bei buchi. Tutto questo, secondo Kahn, non potrà esser fatto nel sistema tradizionale, che ha classificato la scuola in primaria, secondaria, universitaria, e che è noto con la sigla K12 (sigla internazionale con la quale si indica l'insieme degli anni scolastici). E qui le accuse di pensiero utopistico sono le più forti.
Nella visione di Khan l'apprendimento deve essere attivo. Gli studenti per progredire al proprio ritmo, possono andare avanti solo quando hanno compreso i concetti fondamentali. In questo modello, gli allievi più anziani si assumono più responsabilità, diventano mentori in grado di aiutare gli studenti più giovani. Questa idea ha molti vantaggi: mostra come insegnare agli altri un concetto, contribuisce a rafforzare il proprio apprendimento. Rimuove l'attenzione da sé agli altri, in questo caso dagli studenti di età superiore agli studenti più giovani, in un situazione virtuosa che favorisce la leadership e la fiducia.
Lezione a casa e compiti in classe.
Il presupposto di ogni lezione per SK è che gli studenti della scuola, di ogni ordine e grado, arrivino in aula avendo già assistito a una lezione, per esempio a un video (della Khan Academy, o delle migliaia che sono in rete su piattaforme specializzate, ma alcune ormai prodotte anche da scuole e dai docenti stessi). Tutto ciò rende disponibile tempo prezioso da passare in classe con i docenti.
«Se gli allievi hanno fatto lezione prima dell'interazione in classe, ci sarà l'opportunità di uno scambio reciproco, qualcosa di molto concreto di cui parlare».
Non si rimpiazza l'insegnante con il computer, al contrario, egli assurge a un ruolo più rilevante. In un'aula gli insegnanti posso trascorrere più tempo con studenti in difficoltà.
Insomma : maestri e professori avrebbero compiti più interessanti, guidare i ragazzi, stimolarli e indicare loro la direzione da seguire. È il concetto della classe rovesciata. Consiste nell’invertire il luogo dove si segue la lezione (a casa propria o altrove, anziché a scuola) con quello in cui si studia e si fanno i compiti (a scuola anziché a casa). È già una realtà in molte scuole italiane, e c'è anche un libro che ne spiega tutti dettagli : La classe capovolta: innovare la didattica con la flipped classroom.
Internet un mero strumento
In The One World Schoolhouse, Salman Khan in fondo presenta una tesi semplice. Tutti noi impariamo meglio quando impariamo attivamente e al nostro ritmo, padroneggiando ogni nuova abilità prima di procedere alla successiva. Questa nuova pedagogia, che considera internet solo uno strumento, e la tecnologia qualcosa che deve essere ben orientata (se no è un mero spreco di danaro) prevede che lo studente sia auto-diretto, posto al centro del paradigma dell'apprendimento, eche gli studenti possano essere realmente motivati laddove possano lavorare seguendo il proprio ritmo. Altri imperativi categorici: cambiare abitudini e accettare l'incertezza. Ma nulla di vago o futuribile. Con dati alla mano e risultati di ricerche e case history, Khan scrive: «Pensate: di tutti bambini che quest'anno entrano in prima elementare, il 65% farà un lavoro che non è stato ancora inventato». La fonte è autorevole: Cathy N. Davidson, co-director della competizione annuale Mac Arthur digital and media, attualmente docente a Cuny (City University of New York), è arrivata a queste conclusioni pubblicandole sul «New York Times».
«Certezza del cambiamento e incertezza sulla natura del cambiamento stesso e le sue ripercussioni sull'approccio all'istruzione».
Su questo assunto argomenta Khan: che non possiamo prevedere di quali saperi avranno bisogno gli studenti di oggi tra 30 anni; quindi non è importante ciò che gli insegniamo, ma il come. La sua idea è sviluppare la loro capacità d'imparare da soli.
Non solo: mettere gli allievi in condizione di desiderare di imparare, aver curiosità, voglia di meravigliarsi, aver fiducia, per essere pronti a trovare risposte a domande che oggi non possiamo porre. Salman Khan ripete tante volte nel suo libro che non si tratta di fantasie irrealizzabili. Per esempio l'idea delle classi con allievi di diverse età è in corso di sperimentazione in una delle scuole migliori degli Stati Uniti, l'istituto femminile di Los Angeles Marlborough High School, un ultimo bilancio si può leggere in un recente articolo dell'«Huffington Post».
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Sperimentazione in California
Nel 2010, quando la Khan Academy ottenne i primi finanziamenti, per diventare molto di più di una raccolta di video-lezioni su YouTube, il dipartimento scolastico di Los Altos in California affidò all'équipe di Salman Khan il progetto "istruzione differenziata" a partire da due classi di quinta elementare e due di seconda media. Quella che cominciò come una sperimentazione oggi è un‘esperienza di innovazione nell'Education considerata un valore nella Silicon Valley, che ha coinvolto altre scuole (pubbliche e private) della California. Tra questel’Oakland Unity High School con il 95% di studenti afroamericani e latinoamericani, provenienti da classi sociali svantaggiate, oggi sta mettendo on line tutto il lavoro fatto e i risultati di quegli allievi che avevano pessime valutazioni e nessuna chance di continuare gli studi, che oggi hanno ottenuto nella media dei test dal 10 al 40% in più nelle prove di matematica, in particolare in algebra.
Come si fa a non farsi contagiare dall'ottimismo di Salman Khan?
Anche se si vive in Italia, dove il sistema scolastico è in panne, per dire poco. Ma forse proprio per questo. Un movimento di insegnanti è in marcia, sperimentano nelle classi le innovazioni pedagogiche e tecnologiche, con i loro mezzi e risorse, come il sito-network Prof Digitale, iniziative di aggiornamento sono in corso con Book in Progress, scuola capofila l’ITIS Majorana di Brindisi, e il suo "creatore", Salvatore Giuliano, l'entusiasta quanto innovatore preside dell'istituto. Le iniziative più belle e nutrienti nei confronti degli allievi sono le idee e le azioni positive di singoli insegnanti e dirigenti scolastici.
Khan, come altri, ha i suoi detrattori: associazioni di docenti riempiono i loro blog di critiche ricordando: «He was never formally certified as a teacher». «Non è un docente, non ha l'abilitazione formale per farlo». Lui non lo nega di certo. Pare che per chi ha idee sull'Education, sulle politiche educative si debbano scomodare dei paroloni: utopista, visionario, evangelista. Parole che creano distanza tra quel famoso "dire e fare".
Lui ha immaginato la sua aula ideale, e vale la pena di leggere le sue parole:
«Raggrupperei un centinaio di studenti di classi diverse in un'unica aula. Spesso, se non sempre, i ragazzi dovrebbero affrontare gli stessi argomenti nello stesso momento». Ci sarebbero angoli tranquilli per lo studio individuale e altri dove poter lavorare in gruppo. Mettiamo che in un dato momento un quinto degli studenti stia utilizzando le video-lezioni o esercizi al computer per approfondire o consolidare concetti chiave. Solo un quinto, un quinto della giornata scolastica, sarebbe dedicato alle lezione della KA o di altre istituzioni, e al conseguente lavoro in comune. Una o due ore efficaci orientate alla padronanza e alla responsabilità del proprio apprendimento, in queste due ore gli allievi possono aiutarsi a vicenda, essere seguiti dagli insegnanti, o entrambe le cose. Venti su 100 studenti lavorano al computer con l'aiuto di uno dei quattro insegnanti che risponde alle domande solo quando ce n'è bisogno. E gli altri 80? Un gruppo sta studiando economia, elaborando simulazioni di mercato simili a giochi da tavolo. Un altro gruppo diviso in due squadre sta costruendo dei robot, progettando app per cellulari; o testando tecniche innovative per catturare l'energia solare. In una zona più tranquilla dell'aula alcuni studenti si occupano di arte o di scrittura creativa. Esistono già insegnanti preparati anche in questi campi, e ben disposti alla interdisciplinarietà. Per tutti è previsto uno spazio e un tempo proprio per la riflessione spontanea e la creatività».
Chi ragiona in una maniera diversa, chi è più lento, chi vuole spaccarsi la testa su un problema matematico – che non è nel programma ministeriale – o che si è inventato un nuovo approccio all'ingegneria, non è penalizzato, ma valorizzato. La diversità è valore.
Il costo dell'inerzia
Su una cosa è difficile attaccare Salman Khan: cambiare è necessario, non possiamo più permetterci il peso dell'inerzia. «Gli approcci più coraggiosi e innovativi devono essere messi alla prova – scrive nella sua pagina di conclusioni – l'unica cosa che non ci possiamo permettere è che tutto rimanga così com'è. Il costo del'inerzia è incredibilmente elevato, e non può essere calcolato in dollari, euro, o rupie, ma in termini di destini umani».
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