Barcellona, “La terra maledetta” di Juan Francisco Ferrándiz
«Al limite estremo della Marca Hispanica, tra le ombre della desolazione e il luminoso Mediterraneo, resisteva Barcellona: l’ultima città dell’Impero».
In questi luoghi di frontiera Juan Francisco Ferrándiz ambienta La terra maledetta, un avvincente romanzo storico pubblicato in Italia dalla casa editrice Longanesi con la traduzione di Stefania Cherchi e Claudia Marseguerra.
Quello di Juan Francisco Ferrándiz, avvocato di professione, non è il romanzo di esordio. La passione per la scrittura e per il genere storico lo portano a farsi apprezzare dal pubblico spagnolo con il romanzo, del 2012, Las horas oscuras, opera seguita nel 2015 da La llama de la sabiduria. In Italia iniziamo a conoscere Ferrándiz solo quest’anno con La terra maledetta, opera che ha riscosso molto successo in patria tanto da venire subito tradotta in dodici lingue diverse.
La scrittura di Ferrándiz risulta a tal punto coinvolgente che le oltre settecento pagine scorrono via piacevolmente tra guerre sanguinose, lotte efferate per il potere, amori e intrighi. L’epoca storica è ben delineata tanto che la si vive con gli occhi della mente ritrovandosi a soffrire i soprusi insieme al popolo – poveri disgraziati alla mercé dei potenti –, a combattere eroicamente al fianco dei Cavalieri della Marca, a vivere amori impossibili agli occhi di Dio.
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Nel turbinio degli eventi, siamo catapultati sul finire del IX secolo.Il Sacro Romano Impero è guidato, tra lotte fratricide, dai successori di Carlo Magno mentre i confini dell’Impero sono sempre più fragili tra assedi e povertà. Barcellona è presentata come una città in rovina, triste ombra della maestosa Barcino romana, luogo ricco di possibilità ma anche di tremendi pericoli ed è qui che si intrecciano i destini dei personaggi che popolano questo romanzo.
È in questo clima, in bilico fra pericolo e speranza che iniziamo il viaggio nella scrittura coinvolgente di Ferrándiz in compagnia di una carovana di coloni, alla volta di questa terra maledetta. In testa all’umile gruppo spicca colui che grazie all’astuzia e al coraggio darà nuova vita a queste terre: Frodoino, il giovane vescovo di Barcellona.Il viaggio è irto di difficoltà e la carovana ricorda vagamente i coraggiosi coloni di John Ford che in Ombre rossesi muovono verso Ovest. Ma orde di selvaggi dediti al cannibalismo sono in agguato, pronti ad attaccare questi poveri coloni in cerca di terre da coltivare e condizioni di vita migliori, umili braccianti alla John Steinbeck. Non tutti giungeranno a Barcellona ma anche lì per i superstiti, tra le mura massicce e le settantasei torri che circondano la Città Coronata, la vita non sarà facile.
Lo scrittore spagnolo descrive con sapienza i personaggi nell’arco di una narrazione che abbraccia all’incirca vent’anni, anni in cui tutti subiscono un’evoluzione, chi in positivo, chi in negativo. Quella narrata dall’autore è una storia complessa e tormentata che porta il lettore a gioire e soffrire, parteggiando per alcuni e odiando altri, in un crescendo di colpi di scena che capovolgono le carte in tavola.
Seguiamo le vicende dei due “Nati dalla Terra”, Rotel e Isembardo, i quali, sfuggiti alla morte in tenera età, lottano una vita intera per riavere indietro ciò che gli spetta: la casata di Tenes per il giovane cavaliere e la vendetta più atroce per la bellissima sorella dagli occhi di ghiaccio. Impariamo subito ad amare la dolce Elisia,la quale sposa Galì e lo segue nella spaventosa Barcellona comprendendo troppo tardi di aver commesso un grave errore. Galì si rivela ben presto un uomo meschino, odiato e disprezzato dalla giovane sposa ma pur sempre suo marito, nel bene e nel male. A Barcellona veniamo accolti da Gota, un altro personaggio chiave del racconto. Gota è l’anima della città, una donna bellissima che appartiene alla famiglia più antica di questo luogo. Non possiamo che rimanerne affascinati così come accade al vescovo Frodoino che l’amerà di un amore proibito per tutta la vita.
Questo romanzo è una sorta di poema epico-cavalleresco ma anche un intrigante Trono di spadein salsa spagnola. Le orde di selvaggi cannibali che insidiano la frontiera strizzano l’occhio alle orde di bruti che premono sulla Barriera nel mondo creato da George R.R. Martin mentre alcuni personaggi della saga, da Cersei Lannister, temibile regina dei Sette Regni, ai fratelli Stark, privati ingiustamente del loro regno, alla giovane Arya, spietata assassina, ricordano vagamente alcuni protagonisti del romanzo.
La terra maledetta è eroico e cruento al punto giusto tant’è che a popolare queste terre non possono mancare i personaggi malvagi, dallo spregevole conte Bernardo di Gotia, violento e sadico stupratore, alla manipolatrice e incestuosa Richilde di Provenza. Così fin da subito facciamo la conoscenza di uno dei più pericolosi villain del romanzo, l’efferato Drogone di Borr che con le sue malefatte sconvolge la vita dei protagonisti rendendo la Marca Hispanica un luogo di terrore.
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Violenza e amori impossibili dunque ma anche giochi di potere, cavalieri, battaglie campali, bestiari, riti magici occulti e religiosità. Insomma ce n’è per tutti i gusti ma ciò che l’autore spagnolo dipinge in modo più interessante è il ruolo della donna. Le donne in questo romanzo sono maltrattate, violentate, fatte a pezzi verbalmente e fisicamente, annientate dalla crudeltà di uomini piccoli ma potentissimi. Soffrono per amore, amano uomini che non dovrebbero neanche guardare, ne escono con il cuore a pezzi ma sempre con dignità. Soffrono le pene dell’inferno tra soprusi e stupri ma si rialzano sempre perché sono forti. Sono delle lottatrici e alla fine c’è un riscatto per ciascuna di loro ma non per un moto di pietà dell’autore bensì perché sono loro, con le unghie e con i denti, a conquistarsi il lieto fine. Non è un caso che proprio le reliquie della santa protettrice di Barcellona, la martire Santa Eulalia, avranno un ruolo fondamentale nella storia.
Tra i tanti personaggi che affollano questo romanzo, possiamo individuare molte figure realmente esistitecome l’imperatore Carlo il Calvo, il pontefice Giovanni VIII, l’arcivescovo Incmaro di Reims e le grandi casate dei Rorgonidi, dei Bellonidi e dei Bosonidi. Ferrándiz li colloca sapientemente all’interno del racconto, dosando 70% di finzione con 30% di storia, dando vita a un romanzo storico che ha come punti di riferimento Il nome della rosadi Umberto Eco, le opere di Ken Follett e la Barcellona di Ildefonso Falcones.
Juan Francisco Ferrándiz è riuscito dunque a costruire un romanzo in cui le vicende dei personaggi nati dalla sua penna riescono a incastonarsi nelle sorti reali dell’Impero restituendo un’immagine vivida e interessante degli anni più bui di questa terra oscura e decentrata.
«Nelle sue fondamenta dormiva la maestosa Barcino, ma le campane proclamavano che Barcellona, pur essendo più povera e spopolata, si avviava verso il primo millennio ed era ancora in piedi».
Per la prima foto, copyright: Maarten van den Heuvel.
Per la terza foto, la fonte è Wikipedia.
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