Alla scoperta di Pablo Neruda, la poesia e l’uomo
Chi ha detto che la poesia non piace, che non si legge, che non si vende o che non interessa, forse è solo perché è mancata l’occasione di leggere la silloge giusta. O non c’è stata l’opportunità di leggerla nel modo giusto. Un po’ come nel caso della musica classica: se nessuno ti educa l’orecchio, difficilmente la comprendi.
È uscito, per Salerno Editrice, Neruda di Gabriele Morelli, ed è il libro giusto per educarsi alla poesia. Leggendolo, si scopre il poeta e nello scoprire il poeta si disvela l’uomo, i sui ideali politici, i principi che guidano la sua esistenza, gli amori.
È un saggio, ma così denso, reale, penetrante da stimolare il desiderio di scoprire Neruda in tutta la sua essenza. C’è uno transfert di passione, che da Gabrielle Morelli passa al lettore.
In occasione dell’uscita di Neruda, Gabrielle Morelli ha raccontato alcuni retroscena che si celano dietro alla stesura del volume, soddisfacendo le curiosità nate in seguito alla lettura.
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Quando e come nasce la sua passione per Neruda? Da cosa è rimasto affascinato maggiormente?
Il mio interesse per la poesia di Pablo Neruda inizia negli anni Sessanta, ancor prima degli studi universitari alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università Bocconi di Milano. Allora già leggevo soprattutto poesia e quindi conoscevo alcune opere giovanili di Neruda; l’interesse è poi cresciuto con il tempo e, naturalmente, in seguito alla conoscenza diretta dell’autore. Ricordo la sua persona alta e maestosa e mi sembra ancora di sentire la sua voce lenta e monotona. Nel libro pubblicato da Salerno Editrice ho ricordato il mio primo incontro con il poeta a cui il mio professore, Giuseppe Bellini, nel presentarmi, aveva detto che stavo preparando una tesi sul poeta Miguel Hernández, grande amico del cileno ma ancora poco noto in Italia, morto in un carcere franchista nel 1942. Neruda volle invitarmi a colazione e per tutto il tempo mi parlò di Hernández. In quell’occasione mi descrisse la persona e ricordò la loro amicizia; mentre parlava, la sua voce un po’ salmodiante ogni tanto si spezzava, cambiava di tono e i suoi occhi si velavano di lacrime. Neruda ricordava il giovane amico di Orihuela, pastore di capre, combattente a favore della Repubblica durante la guerra civile spagnola, morto di stenti e di malattia in una prigione di Franco.
Il segno della partecipazione di Neruda alla vita è anche testimoniato dall’attenzione che il poeta aveva per le persone, l’interesse per il cibo, gli oggetti che circondano la quotidianità dell’uomo e dalla sua militanza politica. Neruda aveva poi una grande stima e ammirazione per l’Italia, ricordava sempre il suo soggiorno a Capri e gli amici italiani.
La poesia è alimentata dalla vita, questa è la sostanza segreta dell’atto creativo. In che modo e misura la vita influenza la poesia di Neruda? Dove, in quali opere, queste tracce sono più evidenti?
Possiamo dire che in tutta l’opera di Neruda è presente il poeta, a partire dai libri della giovinezza come Crepusculario, Veinte poemas de amor e il Canto general, l’epica latinoamericana moderna, in particolare nell’ultima sezione Yo soy, autoritratto dell’esperienza umano-poetica, fondata su una visione positiva della vita. L’istanza privata s’impone con maggior forza ed evidenza nei libri Estravagario e Memorial de Isla Negra, ma è anche presente nell’opera politica nella quale, dopo le rivelazioni dei crimini di Stalin – a cui il poeta aveva dedicato una commossa elegia – traspare una profonda lacerazione in lotta fra intimismo lirico e fedeltà al Partito comunista: Neruda non è meno sincero quando parla di se stesso che quando tratta temi di impegno sociale. Possiamo ancora ricordare i due libri di memorie, Confieso que he vivido e Para nacer he nacido. Nel poeta cileno le tappe fondamentali dell’uomo e dello scrittore formano un unicum, dove l’esperienza della vita si versa completamente nella poesia, divenendo la sostanza che alimenta l’atto creativo.
Neruda vende 2 milioni di copie nel 1972, una vendita singolare. A cos’è dovuto questo grande successo di pubblico e di vendite, secondo lei? La poesia, lamentava qualcuno, piace a pochi.
Naturalmente siamo in epoche diverse; ora i libri, soprattutto quelli di poesia, non richiamano più l’interesse del grande pubblico. Anche nell’Università italiana lo studio della letteratura è sostituito dalla cultura della comunicazione. Per tornare a Neruda: di certo la raccolta giovanile di versi, Veinte poemas de amor y una canción desesperada,è un’opera scritta da un giovane innamorato di 20 anni, che vive con pienezza la sua storia sentimentale: presenta la figura femminile nella sua intatta nudità. Veinte poemas è un prodotto ibrido che salda la tradizione romantica con l’avanguardia e utilizza misure ritmiche non esenti da iati, rotture e variazioni. Ciò spiega il suo immediato successo letterario e popolare, soprattutto da parte dei giovani latinoamericani ma anche europei.
In questo saggio, il lettore ha l’occasione di conoscere Neruda in tutte le sue sfaccettature, tra cui l’uomo politico. Quali erano le sue idee politiche? E quali le sue grandi delusioni, da questo punto di vista?
Neruda prende la tessera del Partito comunista cileno nel 1945, ma già in precedenza, soprattutto durante la guerra civile spagnola, aveva aderito a favore della Repubblica ed era considerato un poeta impegnato politicamente per diventare, negli anni seguenti, un militante attivo della sinistra internazionale. La crisi politica inizia dopo le rivelazioni di Kruscev sui crimini di Stalin; una crisi che spinge il poeta a condannare le atrocità commesse dal dittatore russo, il quale però continua a credere nell’importanza del realismo socialista, ora con il volto umano che egli vede rappresentato dal Partito popolare dell’amico Salvador Allende. In ogni modo, fino all’ultimo, Neruda crede che l’io del poeta si debba identificare con l’interesse per il popolo e la lotta a favore dei diritti umani e sociali.
Insomma nel poeta cileno la solidarietà umana, la preoccupazione sociale e l’ideologica costituiscono una sintesi che caratterizza profondamente tutta la sua esistenza e la traiettoria letteraria.
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Confesso di aver incontrato Neruda da molto giovane. Uscivano, in allegato a un quotidiano, volumi dedicati ai poeti, tra cui Neruda. Sebbene fossi molto giovane, a differenza di altri poeti facenti parte di questa collezione, Neruda lo sentivo vicino. Come se stesse parlando la mia lingua, o io la sua. Anni dopo, mi sono chiesta cosa avessi compreso, perché a rileggerlo in età adulta mi è apparsa una poesia meno immediata di quella che ricordavo. La domanda è questa: che tipo di poeta è Neruda? Perché, secondo lei, più di altri poeti, riesce a lasciarsi cogliere dal lettore, anche da un lettore poco avvezzo?
Rispondo semplicemente – anche se è difficile esprimere un giudizio netto – che l’opera Neruda ha un carattere globale, o meglio universale (sebbene sia presente la sua specificità cilena), poiché ha attraversato, come fu la vita dell’autore, tutta la geografia, la storia e la politica del Novecento. Una poesia antintellettuale e antiletteraria, come più volte ha ribadito il poeta. Una poesia facilmente e, volutamente, comprensibile: una poesia “semplice”, aperta a tutti gli uomini che canta la natura, l’esistenza e la quotidianità della vita.
Qual è la poesia che, a suo avviso, rappresenta al meglio lo spirito di Neruda e perché?
Io, più che una poesia – e ve ne sono di bellissime, soprattutto quelle dedicate alle donne amate (ricordo il sonetto XXIX scritto per Matilde Urrutia) –, voglio ricordare la trilogia di Residencia en la tierra e, se proprio vuole il nome di una composizione, suggerisco “Walking around” del secondo libro delle Residencias, ma avrei tante altre importanti liriche da indicare.
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