Alla scoperta di Leonardo e Michelangelo. “Il secolo dei giganti. Il cavallo di bronzo” di Antonio Forcellino
Ci sono romanzi e personaggi che stentano ad andarsene dalla testa una volta completata la lettura, resistono per giorni, si aggirano per i cunicoli della mente, perché hanno ancora qualcosa da dire. È quello che succede con Il secolo dei giganti. Il cavallo di bronzo di Antonio Forcellino, edito da HarperCollins Italia.
È soprattutto la storia di Leonardo da Vinci, di Lorenzo de’ Medici, di Michelangelo Buonarroti, del papa Borgia e di tutti gli intrighi politici avvenuti negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500. Si ha la sensazione di spiare il piccolo Leonardo, di cogliere i suoi vuoti e i suoi capricci, mentre si cerca di mettere a frutto le informazioni apprese durante le lezioni di storia dell’arte. Vi è poco dell’arida manualistica, perché il romanzo parla di esseri umani, eccezionali, senz’altro, ma esseri umani, soggetti a relazioni, a debolezze, a ricatti, a tensioni e ad amori.
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Leonardo, figlio illegittimo di ser Piero, vive a Vinci parte della sua adolescenza, all’ombra di un padre che non lo vuole come figlio nemmeno più tardi, quando la moglie muore senza avergli donato eredi. Non lo vuole nemmeno quando Leonardo è uno dei più amati pittori di Firenze. Egli, per ser Piero, resta sempre il bastardo avuto dalla contadina di Vinci, scappata per sposarsi dopo aver abbandonato il piccolo Leonardo. Lo crescono i nonni paterni e lo zio, dandogli tutte le attenzioni di cui ha bisogno e anche i fogli, gli avanzi del padre notaio, per poter disegnare. Perché è questa la cosa che gli riesce meglio di tutte. Leonardo, però, non è un pittore. Semmai, è anche uno dei più dotati pittori. Egli è uno scienziato, un medico, un inventore, un esperto di guerra e di corpi umani. È come se l’avessero strappato al futuro. Come un’anticipazione di quello che l’uomo potrà fare un giorno. Lo tormentano i dettagli, la realtà, la luce, le ombre. In un mondo in cui vige la legge del più forte, degli istinti più infimi, dei giochi di potere più sporchi della storia umana, Leonardo sembra essere abitato da uno spirito che appartiene a un’altra realtà, a uno spazio della sperimentazione, dell’illimitatezza.
Si ha la stessa sensazione anche per quello che concerne Michelangelo Buonarroti. Figlio di un commerciante caduto in rovina, si ritrova in mezzo a molti fratelli e a un padre lagnoso, a cui i soldi non bastano mai, gli sforzi del figlio non bastano mai. È paziente e devoto Michelangelo in questo dipinto di parole tratteggiato da Antonio Forcellino. Ed è soprattutto uno scultore d’eccezione, appassionato, preciso e veloce nell’esecuzione delle commissioni che gli vengono fatte.
I due non si incontrano. Leonardo e Michelangelo, seppur non appartengano a generazioni troppo distanti, non si incrociano tra le pagine de Il secolo dei giganti. Le politiche mutevoli come le nuvole sul cielo sopra un’isola, cambiano gli scenari europei a grande velocità.
Il palcoscenico del potere è colmo di esseri spietati, ambiziosi e inarrestabili. La depravazione si estende a macchia d’olio, ovunque, fin dentro le stanze del Sommo Pontefice, dove, dopo un susseguirsi in crescendo di personaggi opinabili, assurge Alessandro VI, il papa Borgia, che il lettore ha modo di conoscere già come cardinale. Ha tre figli, il papa, avuti dalla concubina Vannozza, e ha un’amante, la bella Giulia, che è poco più di una ragazzina, e che tutti chiamano nelle piazze con i peggiori appellativi. Ma se a Roma i Borgia sconvolgono con i loro vizi persino il sultano Bajazet, a Firenze, dopo un periodo di splendida crescita, le cose precipitano nell’oscurità. Milano, dal suo canto, è invischiata in altrettanti intrighi.
Incontriamo Milano grazie a Leonardo che vi si reca per fondere un cavallo, la prima statua immensa, tutta d’un pezzo. Come quelle degli antichi. Lì incontra una dama con ermellino e uno sguardo nostalgico a sufficienza per immortalarlo nello sguardo di un apostolo, durante l’ultima cena. E l’amore tormentato del giovane Salai.
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Non si resiste a tutte queste storie intrecciate con naturalezza, ci si appassiona. Si ha la sensazione di aver strappato tutte le linearità spaziotemporali piombando così nel passato, in mezzo a Leonardo, a Michelangelo, a Lorenzo de’ Medici, alle assurdità del potere papale e della chiesa. Il secolo dei giganti. Il cavallo di bronzo di Antonio Forcellino è un romanzo che resta dentro. E fa molto riflettere, specie perché quel passato ha un vago sapore di presente.
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