Alla ricerca del capro espiatorio. “Odio” di Daniele Rielli
Odio è sicuramente un ottimo titolo per il romanzo scritto da Daniele Rielli e pubblicato da Mondadori. È un libro che tenta di fare il punto sui fondamenti liquidi che caratterizzano il nostro tempo dove i social media e i big data la fanno da padroni, dove gli influencer hanno più potere di un genio della scienza (almeno fino a quando non è scoppiato il Covid-19). Il libro mette in scena anche un finale distopico sulla scia delle tesi di René Girard, soprattutto per quanto riguarda la figura del capro espiatorio.
Carmelo Bene, in una famosa puntata del Maurizio Costanzo Show, disse tra le altre cose: «Fossimo capaci dell’odio, l’unico sentimento umanoide almeno profondo». Forse il gigante teatrale non avrebbe mai immaginato il mondo che sarebbe venuto dopo con mamme e nonne, per esempio, che su Facebook hanno foto del profilo insieme a bambini e animali tanto amati e che gettano palate di sterco su, a seconda dei casi, “froci”, “negri”, lesbiche, zingari e naturalmente anche comunisti. Se un cantante di colore sbaglia, per troppa emozione, l’Inno di Mameli nella finale di Coppa Italia di calcio la canea, con in mezzo anche il principale leader dell’opposizione, è lì a prenderlo in giro, a renderlo ridicolo, a bullizzarlo. Il bullismo è diventata la vera vitamina di questo nostro incomprensibile mondo. L’odio contemporaneo, più simile al rancore, è il frutto del narcisismo esasperato dell’epoca che ha distrutto le ideologie, le passioni dell’anima, per infilarsi in quel buco buio ed esasperante dell’egotismo e della soddisfazione dei desideri. Ma i desideri si possono soddisfare con un mercato che ti vuole far restare sempre affamato, che cerca sempre di indurre al consumo le proprie “vittime”, con nuovi desideri, nuovi impulsi?
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L’eroe dei nostri tempi descritto da Rielli è Marco De Sanctis, ma tutti quelli che sono in confidenza con lui lo chiamano DeSa. Si è laureato in filosofia, ma il mercato e la ricchezza facile lo hanno subito accalappiato nell’ambito delle competenze digitali. DeSa è stato tra i fondatori di BEFORE, insieme al suo alter ego, il pigmalione informatico, Giovanni Taddei, il Mastro, che «pioniere della rete nostrana… aveva inventato giovanissimo il primo browser e il primo portale web italiano ai tempi in cui l’ingresso a internet di ogni computer del mondo non era ancora la mascherina di Google». BEFORE, nella sua versione più trendy, è un braccialetto della fortuna che si applica al polso e capisce al volo quali sono i tuoi desideri, le tue emozioni, quali le tue aspirazioni:
«Il nostro segreto era un raffinato algoritmo basato su un’equazione bayesiana a cui il mio socio aveva aggiunto una rete neurale back-drop, un accrocchio che, per renderlo intelligibile anche ai non smanettoni, avevo tradotto con discreta libertà nell’aggettivo, decisamente sexy, “evolutivo”. Insomma, facevamo previsioni su qualsiasi attività la creazione di una marginalità commerciale, ma per la maggior parte delle persone saremmo sempre rimasti quelli che facevano arrivare a casa la pizza ancora calda. Non si poteva volere tutto e fra la gloria e i soldi, l’esperienza mi aveva insegnato a preferire sempre i secondi.»
BEFORE diventa una realtà a livello mondiale, ma qualcosa non va. Il DeSa ha uno scheletro nell’armadio, volente o nolente. Era stato accusato a ventitré anni di aver ucciso una ragazza, Martina Scalzi, durante delle vacanze in Salento, subito dopo aver fatto sesso con lei:
«Il discorso ripetuto in quei giorni nelle piazze e nei bar di tutta Italia suonava invece più o meno così Guarda che splendida creatura meritevole solo di carezze, fiori e poesie d’amor cortese, ci vuole l’amputazione del pisello e poi la forca per Marco De Sanctis aborto bestiale che insozza il mondo con la sua orrida presenza, firmato: il Savonarola che alberga dentro ogni italiano, in special modo in quelli che ad avere l’occasione sarebbero i peggiori delinquenti.»
Il DeSa era stato anche in carcere finché dell’omicidio non era stato accusato un albanese. Il giornalismo nostrano si era lanciato a corpo morto sulla vicenda, prendendo anche le foto del profilo Facebook di Marco, soprattutto quella in cui assomigliava a uno spacciatore, malgrado nell’archivio ci fossero immagini molto più dignitose. «Tutto livellato», afferma il suo amico scrittore, «tutti dei piccoli inquisitori il cui scopo nella vita non è crescere ma tirare tutti giù nella polvere.» Chissà perché proprio nel momento di successo di BEFORE ricompare il fantasma della ragazza a scombinare i piani di Marco...
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In una Roma decadente e da “fine impero” che ogni giorno assomiglia di più alla sua caricatura, Rielli descrive una lotta hobbesiana senza quartiere, infinita. Non ci sono né buoni, né cattivi perché siamo tutti invischiati in questa lancinante assenza del sacro. Pure le ideologie sono morte. E anch’io non mi sento tanto bene, diceva già Woody Allen.
Per la prima foto, copyright: Mag Pole su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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