Adelphi, una storia lunga cinquant’anni
Adelphi: dal greco ἀδελφoi, ovvero “fratelli”. I fratelli in questione furono Luciano Foà e Roberto Olivetti, i quali, nel 1962, fondarono quella che oggi è considerata una delle realtà editoriali più importanti d’Italia. Il logo di Adelphi è un pittogramma cinese, il cui senso è legato ai concetti di “morte” e “rinascita”.
Nel lungo e complesso percorso di questa casa editrice spunta il nome Adelphiana. Nel 1971 uscì un Adelphiana 1971 – oggi introvabile –, con una copertina rossa, un primo numero di un’ipotetica rivista, ma anche una sorta di «dichiarazione programmatica». Nel testo erano contenuti scritti sia di autori già coinvolti nella casa editrice, sia di altri che lo sarebbero stati ben presto. Tuttavia, Roberto Calasso, attuale direttore editoriale di Adelphi, ammise che quelli non erano i tempi giusti per le riviste letterarie (e oggi lo sono ancor meno), ma che, nonostante tutto, il volume costituì una sorta di impulso che spinse, nei primi anni del Duemila, alla pubblicazione di un altro Adelphiana, il primo di quattro numeri. Un progetto con un nuovo sottotitolo, Pubblicazione permanente, un’espressione che per Calasso, con l’uscita ad ottobre di Adelphiana 1963-2013, potrebbe essere riproposta con una formula integrata, Pubblicazione permanente e sporadicamente visibile. Il compito è estremamente arduo: affrontare in unico volume più di duemila titoli, in un esperimento a puntate, un libro da leggere ma anche – e soprattutto – da guardare; una specie di porta che si apre su un mondo di nomi e storie, e non è di certo un caso che l’immagine di copertina di Adelphiana 1963-2013 richiami la maniglia che Ludwig Wittgenstein progettò per la casa della sorella.
Per ciascun anno, dal 1963 ad oggi, su uno sfondo blu ardesia, spicca una sequenza di copertine, accompagnata da testimonianze degli stessi autori delle pubblicazioni o di altri intellettuali, critici o scrittori, chiamati a commentare le storie o la storia dietro alle storie stesse. Uno dei primi libri pubblicati fu La vita e le avventure di Robinson Crusoe di Daniel Defoe: i lettori di Adelphiana potranno godere della breve considerazione di Roberto Bazlen («Come sono lontani i tempi di Robinson! Oggi si naufraga soltanto su isole eternamente sterili, il futuro è sul mare (canzone della Marina), i coralli rossi pungono, robaccia del passato»), oppure assaporare le parole di Virginia Woolf sul romanzo.
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Quando Adelphi pubblicò, nel 1985, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Italo Calvino scrisse un bellissimo pezzo su Milan Kundera, da lui considerato un «romanziere vero», vista la predisposizione dello scrittore ceco a soffermarsi soprattutto sulle storie degli uomini, sul loro privato. Kundera contrappose la leggerezza del vivere («le cose avvengono una volta sola, fugacemente, dunque è quasi come se non fossero avvenute») alla pesantezza, rintracciabile nella teoria dell’eterno ritorno di Nietzsche («ogni fatto diventa spaventoso se sappiamo che si ripeterà infinite volte») - e su questo contrasto, è proprio l'autore de Le città invisibili ad offrire una personale e ulteriore chiave di lettura.
Scorrendo il testo ci imbattiamo in altri grandi nomi: tra gli altri, Alfred Kubin, Konrad Lorenz, Karl Kraus, Joseph Roth, Hermann Hesse, Karen Blixen, Fernando Pessoa, Mario Praz, Colette, Georges Simenon, Paul Valéry, Leonardo Sciascia, Martin Heidegger, Benedetto Croce, Vladimir Nabokov, Ennio Flaiano, Patrick McGrath, Mordecai Richler, Goffredo Parise, Vasilij Grossman, Curzio Malaparte, fino ai più recenti Ian Fleming o Emmanuel Carrère.
Durante la trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, Calasso ha invitato i lettori a valutare con particolare attenzione le scelte editoriali di Adelphi, espressione del percorso culturale e di crescita intrapreso dalla casa editrice nel corso degli anni (il «colore del tempo che passa» per citare nuovamente Calvino). Come si può notare, la politica di Adelphi poggia sulla varietà, di generi ma anche di «età possibili», dal momento che sono stati pubblicati sia esordienti che veterani della letteratura. Al di là del vasto assortimento, che costituisce il punto di forza e distintivo di Adelphi, la prerogativa della casa editrice resta quella confermata da Calasso: che «i libri stiano sempre bene uno vicino all’altro».
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