3 brevi lezioni di scrittura tratte da “Titivillus, il demone dei refusi” di Montañés
Titivillus, il demone dei refusi, è un brevissimo saggio, tanto piccolo quanto curato, sulla figura demoniaca della tradizione medievale associata agli errori tipografici. Il libro è di Julio Ignacio González Montañés, edito da Graphe.it che porta l’autore per la prima volta in Italia, grazie alla traduzione di Roberto Russo.
Montañés, professore spagnolo, si cimenta in un excursus storico-artistico della figura di Titivillus, scaturita nel dodicesimo secolo dall’immaginario medievale, la cui funzione è quella di annotare su una pergamena le sillabe e le parole omesse dai chierici durante la messa, la recita delle Ore e nel canto liturgico, per poi presentarle a Dio come prova incriminante nei loro confronti nel giorno del Giudizio. Non solo, nel corso dei secoli il demone Titivillus è stato associato a differenti funzioni, annotare omissioni liturgiche nelle preghiere dei monaci e dei fedeli, oppure pettegolezzi, per poi incarnare il diavolo dell’errore tipografico. A essere onesti, a seguito dell’invenzione della tipografia, molti lavoranti che avevano il compito di stampare libri erano analfabeti e non era raro trovare degli errori di stampa, anche nei testi sacri come la Bibbia, il primo libro stampato e il più diffuso nell’Europa cinquecentesca. Si potrebbe interpretare la figura del demone, anche come una critica alla tecnologia tipografica da parte di certe correnti monastiche, dedite alla produzione amanuense, che indubbiamente aveva (e ha tuttora) un valore artistico e anche meramente artigiano superiore all’editoria stampata. E, ancora, volendosi sbilanciare, andando oltre le parole del professore spagnolo, si potrebbe intendere il libricino edito in formato digitale da Graphe.it come una velata controcritica a chi demonizza l’editoria digitale. A voler essere maliziosi, si coglie un parallelo tra i monaci amanuensi e i tanti, professionisti e non, che criticano l’uso della tecnologia digitale per diffondere la letteratura, con nuove possibilità prima inaccessibili.
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Viene da pensare alla riduzione dei costi economici delle stampe, soprattutto per le edizioni illustrate, e della distribuzione che, grazie al digitale, ha una portata globale in maniera pressoché immediata e capillare. Non solo, anche dal punto di vista artistico e funzionale si ha la possibilità di creare contenuti più multimediali, più connessi con i social, etc.
In questa chiave, Titivillus non è solo il demone dell’immaginario medioevale, non è solo una figura della letteratura europea che si è tramandata nei secoli nelle varie arti, con la sua fama o infamia, ma assume anche la connotazione della paura meschina del progresso. Titivillus, di per sé, è una figura immaginaria (almeno per tutti coloro i quali non siano dediti alla demonologia), ma lo si può interpretare come il frutto di quella paura e quindi anche, in parte, dell’incarnazione della debolezza di tutti quelli che hanno bisogno di affossare ciò che di bello e di diverso si presenta nel mondo, invece di esaltare ciò che li rende unici.
Nonostante la lezione di vita che si può leggere tra le righe, il breve saggio di Montañés ha una sua profondità e una sua ricchezza che prescinde dalle connotazioni morali che gli si possono affibbiare a posteriori. Nel libro c’è tanta storia, tanti aneddoti e curiosità che rendono Titivillus, il demone dei refusi un libro più che necessario a chi volesse ispirarsi alle ambientazioni cinquecentesche, ricche di stimoli e misteri occulti.
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Come diceva Raymond Carver: «Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste», in quest’ottica Titivillus diventa il male necessario affinché possa esserci il bene. Non solo un capro espiatorio quindi, ma un monito per salvaguardare l’importanza della preghiera corretta, del libro stampato a regola d’arte e del manoscritto senza incertezze linguistiche o refusi. Titivillus ricorda a tutti che l’omissione di una verità oppure la sovrabbondanza sterile di parole vane sono peccati, sono azioni malvagie. Facendo un ulteriore passo in avanti, si può vedere il demone come una guida artistica, che nella sua sintesi nasconde una saggezza secolare: evitare gli errori tramite la correzione e l’editing del testo; evitare le omissioni involontarie o colpevoli, per non creare dei buchi di trama e, infine, avere il coraggio di cancellare il superfluo. Sono queste le tre brevi lezioni di scrittura che possiamo apprendere da Titivillus, il demone dei refusi.
Per la prima foto, copyright: Luca Laurence.
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