Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 93
Autore: Morgan PalmasSab, 12/09/2009 - 11:49

Non è il raziocinio che vi accompagnerà, non è la capacità di trovare legami ed equilibrio fra le parti, non è tanto meno il piacere di scovare errori di contenuto e di grammatica, dovreste aprire la porta al senso più istintivo e musicale che siete in grado di creare. Senza intermediazioni filtrate, senza riflettere, bensì puro gusto sonoro.
Durante la lettura - che non sarà ordinata, ma casuale – ascoltate soltanto i suoni delle parole e fra le parole. Vi dovranno piacere. Se non vi garbano segnateli con una penna o con una matita a lato, costruite un vostro modello di correzione.
Il mio è sempre stato il seguente. Se sento troppi suoni simili segno con un piccolo cerchio; suoni troppo duri uno dietro l’altro? Segno con un triangolino; se non percepisco un ritmo interessante faccio una breve linea seguita da un punto di domanda; soltanto alcuni esempi. Ne ho sette a disposizione di segni e li sfrutto fino all’ossessione, un testo o mi suona bene o deve essere cambiato.
Il grado di musicalità d’un testo in prosa non è argomento che possa essere ritenuto nevralgico da tutti, credo che dipenda dai gusti personali. Un romanzo non è una poesia. Io vi propongo la mia visione delle cose, consapevole che lo sto facendo da quasi cento giorni e consapevole che è peculiare, non certo universale.
Sembrerà a taluni azzardato il paragone, a me appare ovvio: il testo scritto mentre lo si legge produce musica e i suoni generano emozioni. Provate ad aprire una qualsiasi pagina de “Il piacere” di D’annunzio o de “La pelle” di Malaparte o di “Vino e pane” di Silone, vorreste sostenere che la musicalità che emerge nel leggerli sia la medesima e che produca le stesse sensazioni? Ne dubito.
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Commenti
La musica del testo. Anch'io lo trovo fondamentale.
Ma, naturalmente, ognuno di noi avrà una visione diversa di ciò che significa ciò.
Quindi, come ti regoli tu? segui la tua musica interna e la combini con quella delle parole?
Io dedico molto tempo a rifinire e scegliere la parola adatta, quando quella scritta non mi soddisfa. Venerdì sono stata due ore su una frase.
"Il piacere" di D'annunzio è stato per me una bella sorpresa. Tanto profonda che poi dedicai al Vate molto del mio tempo per creare e scrivere l'intervista impossibile.
La musica nei testi è forse l'aspetto che curo di più. E' facile cadere nelle alliterazioni o in suoni che si ripetono. E qualche volta si rende necessario l'uso dei sinonimi, ad esempio "adesso" al posto di "ora".
A volte, leggendo qualche giornale mi rendo conto che alcuni personaggi che tengono una rubrica (scienziati, studiosi, sociologhi, medici...)non sono affatto capaci di scrivere. Leggo e rileggo il loro articolo e faccio una fatica tremenda a cogliere il senso della frase. E più che una musica avverto un'accozzaglia di suoni.
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