Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 68
Autore: Morgan PalmasMar, 11/08/2009 - 08:30

La solitudine si può esprimere con delicatezza e con rabbia, con freddezza distaccata e malinconia.
Dipende dal contesto. Dipende da quale emozione si vuole donare al lettore.
“Io ho dimenticato molte cose della guerra, ma non dimenticherò mai quel momento. Guardavo il mio amico sorridere, fra una boccata di fumo e l’altra. Dalla trincea nemica, partì un colpo isolato. Egli piegò la testa, la sigaretta fra le labbra e, da una macchia rossa, formatasi sulla fronte, sgorgò un filo di sangue. Lentamente, egli piegò su se stesso, e cadde sui miei piedi. Io lo raccolsi morto”.
[“Un anno sull’Altopiano” di Emilio Lussu]
Vi sono solitudini cercate e altre sgradevoli, altre ancora ineludibili. Quando si narra la solitudine il ritmo rallenta (fate riferimento alla lezione 14), si possono utilizzare i monologhi interiori o i flussi di coscienza (lezioni 16 e 17), e la scelta dello stile è di fondamentale importanza (lezioni dalla 18 alla 22 inclusa).
Se desiderate colorare l’isolamento mentale e/o fisico di un personaggio dovreste in qualche modo pensare a come esaltare la medesima tematica nel lettore. Mi spiego. Grazie alle parole influenzate l’umore di chi legge, lo strappate da una situazione per portarlo in quella che create attraverso i mondo fittizi; ecco, i mondi fittizi appunto non sono staccati, lontani, altro da sé, ma dovrebbero entrare con forza nell’animo, essere funzionali al mutamento delle emozioni altrui.
Pensate a come vi sentite quando provate solitudine, è sempre uguale a se medesima? Cambiano le intensità? Quali sensazioni vi suscita?. Questo dovete travasare nella mente del lettore. Mentre scrivete, meditate non soltanto sulla comunicazione del concetto di solitudine, altresì sullo sviluppo emozionale della scena. Certo che ci avete già pensato, certo che vi è capitato di trattare le emozioni anche per altri contesti, ma in questo caso non potete sbagliare. È il momento in cui chi legge ha bisogno di sentirsi solo per capire la solitudine del personaggio. Una parola fuori posto è in grado di rovinare un’intera situazione narrativa.
E qui cadono talvolta perfino gli scrittori esperti, tanto è complesso trasmettere la solitudine. Un consiglio che riguarda la scelta dei verbi. Evitate quanto più possibile le parole corte a vantaggio di quelle lunghe. Servirsi di “fare”, “dire”, “creare” accelera il ritmo, mentre “ubbidire”, “consegnare”, “usufruire”, “pispigliare” lo rallenta. Voi dovreste dare l’idea di sospendere e dilatare il senso del tempo, di bloccarlo. Servitevi di qualsiasi strumento per ottenere tale obiettivo, anche quello che sembra in apparenza banale, ma che poi magari risulti efficace.
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Commenti
questa lezione, invece, l'ho capita al volo (meno male) :)
interessante questo consiglio sui verbi da usare. controllo subito.
Anche a me come a Morena è piaciuta la precisazione sulla lunghezza dei verbi da usare
Mariella
@Morena: sono in ginocchio ringraziando il cielo e le Muse :)
@Mariella: bene.
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