Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 43
Autore: Morgan PalmasMer, 08/07/2009 - 08:59

Così stanotte non ho chiuso occhio, un po’ per i pensieri, un po’ perché di continuo travolto da medici e infermieri che correvano per un’urgenza, dalle lamentele di un signore anziano, dal rumore dei macchinari medici. Non v’erano letti disponibili nei reparti, tutta la notte in una stanza del pronto soccorso e io seduto in una di quelle sedie pieghevoli nelle quali essere sdraiati non aiuta, si rimane in ogni caso scomodi.
La lezione l’ho pensata stanotte (di solito sono appunti di anni addietro) per trascorrere il tempo negli interminabili momenti di attesa.
L’ospedale si presenta spesso nelle narrazioni, un luogo in cui si incontrano la vita e la morte, la nascita di un figlio e il dolore di una scomparsa, le sofferenze dei famigliari e la vicinanza degli amici. Per motivi personali ho trascorso in passato un lungo periodo in ospedale, ogni giorno. E osservavo la precarietà degli umori umani: chi riesce a mantenere la calma e chi perde la pazienza, chi riceve anche le peggiori notizie con saggezza e chi, indifferente verso le sofferenze altrui, prende possesso di libertà che non sono concesse.
Se nel vostro romanzo intendete ambientare una scena di sofferenza, l’ospedale è in grado di fornirvi innumerevoli spunti di riflessione e di narrazione.
Stanotte una signora era stanca di attendere al pronto soccorso, si lamentava con insistenza, il marito era esausto, lo si vedeva dal viso, dal tono delle sue parole che tentavano di calmare la moglie. C’è chi ha un rapporto tranquillo con il dolore e chi si fa invadere dall’ansia. L’essere umano in ospedale si presenta davvero per quello che è interiormente.
Una scena che non mi è affatto piaciuta stanotte è stata la precedenza donata a una suora anziana, non v’erano motivi di particolare urgenza, tuttavia le parole del medico e dell’infermiera sono state inequivocabili, ero vicinissimo alla porta, non era ascoltare di nascosto, ho sentito mio malgrado. I religiosi sono trattati il più delle volte con i guanti, non è la prima volta che vedo scene simili.
Nel corridoio c’è chi non si permetterebbe mai di usare il cellulare e chi racconta nelle diverse telefonate e a voce alta vita morte e miracoli del mondo. Perché il senso civico e l’educazione sono deboli in un ospedale italiano?
Pensavo stanotte alla chiamata di un paziente, ‘dove sarà?’, ti chiedi, si partecipa in qualche modo alle sofferenze di tutti coloro che ti sono vicini in quel momento: non conosci la persona, ma speri che non sia nulla di grave.
E in un ospedale sei costretto a farti domande spirituali, a porti questioni basilari, a cercare nella memoria e nelle proprie categorie di pensiero indizi che possano sembrare coincidenze non casuali, indipendentemente che si sia cristiani, atei, agnostici o quel che volete. La spiritualità alberga in un ospedale.
Spunti, impressioni, idee. Buona scrittura.
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Commenti
grazie di questi tuoi pensieri.
spero bene per la persona che ha avuto l'incidente.
Tengo le dita incrociate per la persona ricoverata.
giorgio
@Morena: grazie, speriamo bene.
@Giorgio: grazie.
bravo
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