Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 16
Autore: Morgan PalmasSab, 06/06/2009 - 12:38

Accade talvolta durante la narrazione che un personaggio senta la necessità di esprimere le sue idee a se stesso, in forma di monologo interiore.
Egli/Ella non enuncia che sta pensando, bensì fa cadere in parola direttamente i suoi pensieri, uno dietro l’altro, uno scorrere di immagini, o di emozioni, o di frasi dettate da rabbia, o di percezione dell’ambiente circostante o di ricordi o di giudizi.
Il monologo interiore è un’ottima tecnica per accelerare il ritmo: si possono rivelare elementi in un brevissimo spazio di narrazione, con un unico punto di vista; vi è l’opportunità di insinuare dubbi nel lettore e portarlo così verso una particolare prospettiva, magari confondendolo o depistando una previsione che appariva sempre più chiara.
Non è qui la sede idonea per fare distinzioni teoriche precise, avete la sfida dei 100 giorni da portare avanti, ma non confondete il monologo interiore con il flusso di coscienza di Joyce, per intenderci. Lunedì vi parlerò di quest’ultimo, preziosissimo anch’esso in una narrazione, se si decide di utilizzarlo.
Egli/Ella non enuncia che sta pensando, bensì fa cadere in parola direttamente i suoi pensieri, uno dietro l’altro, uno scorrere di immagini, o di emozioni, o di frasi dettate da rabbia, o di percezione dell’ambiente circostante o di ricordi o di giudizi.
Il monologo interiore è un’ottima tecnica per accelerare il ritmo: si possono rivelare elementi in un brevissimo spazio di narrazione, con un unico punto di vista; vi è l’opportunità di insinuare dubbi nel lettore e portarlo così verso una particolare prospettiva, magari confondendolo o depistando una previsione che appariva sempre più chiara.
Non è qui la sede idonea per fare distinzioni teoriche precise, avete la sfida dei 100 giorni da portare avanti, ma non confondete il monologo interiore con il flusso di coscienza di Joyce, per intenderci. Lunedì vi parlerò di quest’ultimo, preziosissimo anch’esso in una narrazione, se si decide di utilizzarlo.
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Consiglio: provate a scrivere uno stesso monologo due volte, con diverse sensazioni. Vi permetterà di cogliere in miglior modo la caratterizzazione del personaggio decidendo poi quale forma lo rappresenta di più, o a volte si potrebbero integrare i due insieme.
Dovete essere un’aquila sul vostro romanzo, che osservate dall’alto, non una marmotta con il muso a terra.
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Commenti
ottimo. allora apriamo bene le ali, spalanchiamo gli occhi e andiamo :)
il monologo interiore me gusta.
Il monologo io lo temo perché rischierei di voler fare uno "spiegone", cioè dire qualcosa invece che farla succedere e finendo quindi in conflitto con la regola di quell'altra tua lezione.
Che ne dite?
Giorgio
Non so che dire.
Mi è sballata completamente la griglia e non riesco pù a sistemarla. Riesco ancora ad andare avanti, ma poi che faccio?
Adoro i monologhi e far trapelare nelle pagine i pensieri del personaggio perchè ne determinano l'intelletto e il modo di pensare. Il mio unico problema è mettere i monologhi all'interno di una narrazione scritta in terza persona. E se cambio la persona ( quindi narro in prima) non ho poi l'opportunità di far trapelare il punto di vista di un altro personaggio. Ho pensato anche di alternare capitoli in cui la focalizzazione è concentrata prima su un protagonista poi sull'altro ma non ci sarebbe uno schema preciso di quali capitoli e quali no... sono piuttosto dibattuta in questo. Qualche consiglio?
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